La bocciatura del ddl Zan racconta un ritardo politico che è anche culturale
Sono ancora davanti agli occhi le immagini dell’esultanza scomposta di alcuni senatori dopo la bocciatura del ddl Zan.
Una legge di civiltà intorno alla quale si è combattuta una battaglia della peggior politica, tra giochi di Palazzo e sotterfugi a voto segreto. Ma anche la faccia nascosta di un paese, il nostro, in cui la ‘diversità’ è ancora guardata con sospetto, paura o vero e proprio odio.
Ddl Zan e cinema: il ceto politico prenda lezioni dai film
Per fortuna c’è il cinema, potente macchina di immaginario capace di scardinare luoghi comuni e stupidità.
Nel 21° secolo, la Settima Arte ha accompagnato una nuova presa di coscienza su omosessualità e omobitransfobia. Un percorso di progressiva maturazione, che porta a compimento decenni di lotte per il riconoscimento di diritti fondamentali.
Vediamo le tre tappe principali di questo cammino.
Milk (2008)
C’era un tempo in cui l’omosessualità era una vergogna da nascondere (per evitare rappresaglie violente…), o un’identità semplicemente non riconosciuta, ignorata e maltrattata. Le cronache recenti sul DDL Zan ci dicono che, forse, quel tempo non è del tutto passato. E allora il primo film di questa rassegna è una storia di lotta, quella dei diritti degli omosessuali. La storia di Harvey Milk, per l’esattezza, portata al cinema da Gus Van Sant nel 2008.
Primo componente delle istituzioni statunitensi apertamente gay, Milk fu assassinato nel 1978 dall’ex consigliere comunale Dan White. Per l’attivista, uscire allo scoperto era un passo fondamentale per abbattere il ‘mito’ del silenzio e della paura. Una battaglia in difesa della democrazia cui Sean Penn dà volto, corpo e voce, conquistando un Oscar per la sua interpretazione.
I segreti di Brokeback Mountain (2005)
Il film di Ang Lee ha il merito di rompere un luogo comune del racconto hollywoodiano sulle vite di omosessuali. Il film con Jake Gyllenhaal e Heath Ledger non racconta, infatti, le lotte per i diritti LGBT ma è una “semplice” storia d’amore. Protagonisti sono due cowboy dell’America profonda degli anni ’60, epoca in cui il coming out non era ancora nemmeno concepito. Due uomini che si amano e che devono confrontarsi con l’accettazione della propria identità, in un contesto scelto appositamente come ‘complicato’. Il regista li mostra come uomini duri, abituati alla durezza e alle asperità della vita. Lo stereotipo del cowboy che, però, viene progressivamente sgretolato dalla realtà dei loro sentimenti.
Chiamami col tuo nome (2017)
L’ultima pellicola è il bellissimo film del nostro Luca Guadagnino, tratto dal romanzo di André Aciman.
Elio (Timothée Chalamet) è un ragazzo che passa le vacanze estive nella campagna del nord Italia con i suoi genitori. Qui conosce Oliver (Armie Hammer), studente affascinante e spigliato, in visita da suo padre per redigere la tesi di dottorato.
Il regista italiano prosegue idealmente sulla strada tracciata da Ang Lee, ma la porta avanti con maggior consapevolezza e maturità. Chiamami col tuo nome è, infatti, un tipico teen movie che racconta la classica storia del ‘primo amore’ adolescenziale. Che i suoi protagonisti siano omosessuali non fa alcuna differenza né viene evidenziato dalla messa in scena.
Una normalità che evidentemente fatica ancora ad essere accettata nel nostro paese, a livello sociale e, purtroppo, politico.