Che l’Italia non fosse un Paese per giovani si sa da tempo. Che una coppia abbia difficoltà a mettere su famiglia, una donna problemi a conciliare la carriera e la casa e che l’Italia non sia – più in generale – a misura di bambino, anche.

Eppure se prima della crisi economica del 2008 – “l’anno zero percentuale” delle nascite – i nuovi nati nel nostro Paese erano stati 576.659, i dati che arrivano dall’ultimo anno sono critici. In epoca Covid con sole 404.000 nascite si è arrivati a toccare un allarmante -5,8%, il dato più basso di sempre dall’unità nazionale.

Papa Francesco, in occasione gli Stati generali della natalità che si sono svolti a maggio, ha parlato di “inverno demografico freddo e buio”. Il tema della natalità, ha detto il Pontefice, è “urgente” e “basilare” per “invertire la tendenza e rimettere in moto l’Italia a partire dalla vita, a partire dall’essere umano”.

Nella giornata di ieri, 27 ottobre, l’associazione Impresa per la Vita ha tenuto una relazione sul tema, dal titolo “Il diritto di venire al mondo. Denatalità: strategie per il futuro” presso il Salone della Giustizia. Dall’incontro è emerso che, aldilà di tutte le problematiche che possono incombere sulle giovani coppie, alla base c’è una causa che la presidente Donatella Possemato ha definito “antropologica”. L’Italia sta diventando un Paese che ha perso il concetto del “dopo di noi”.

Ne parliamo oggi alle 18.30 a Restart 264 con Aurora Vena e Lorenzo Capezzuoli Ranchi