Il progetto di ricerca, divulgazione e promozione della responsabilità condivisa “Jump the gap – Oltrepassare le barriere dello sport di base per le donne” nasce dalla volontà di indagare come la comunità configuri le donne che fanno sport e le barriere che queste incontrano nella pratica di base, ma si pone come obiettivo strategico quello di promuovere politiche di indirizzo del movimento sportivo amatoriale atte a combattere il gender gap nello sport. Intervistate 4.600 persone tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021, 2.800 delle quali donne, il resto uomini, dagli 11 anni in su; quasi 12mila le forme lessicali analizzate sui media, sia sportivi che generalisti. Secondo i dati raccolti: il 48% degli intervistati ritiene lo sport tra i 3 elementi più importanti nella vita di una donna, ma prevalentemente per questioni legate alla salute e non alla socialità. Infatti, solo il 5% delle donne risponde che riprenderebbero lo sport per “stare a contatto con altre persone” e solo il 6% per “i valori che trasmette” (es. spirito di squadra, disciplina, competizione, ecc.). Se la donna lascia l’attività sportiva la “colpa” è della gestione familiare: per 1 su 3 rispondenti (sia uomini che donne) la donna è impegnata in famiglia più di altri, e sono le stesse protagoniste – 4 su 10 – a dire che la donna si esprime soprattutto in famiglia.

A dirlo sono i dati raccolti dalla ricerca condotta dall’Università degli Studi di Padova per conto degli enti di promozione sportiva Acsi, AiCS, Csen e Libertas che, con il progetto “Jump the gap” condotto con il finanziamento e il contributo operativo di Sport e Salute Spa. Dunque, che fare? Di fronte agli stereotipi, secondo ricercatori ed enti di promozione sportiva committenti, le azioni da mettere in campo devono essere sia di sensibilizzazione ed educazione, sia pratiche e attente alle esigenze delle donne. Previsti: interventi formativi rivolti agli operatori sportivi e alle famiglie; promozione di politiche di “welfare” dedicate alle famiglie e da inserire tra i servizi offerti dalle associazioni e società sportive; il coinvolgimento degli operatori sportivi nella promozione dell’accessibilità allo sport e della responsabilità condivisa di comunità nei confronti delle differenze di genere; l’attivazione di campagne di educazione rivolte ai giovani e campagne promozionali pubbliche; l’organizzazione di eventi sportivi e culturali di comunità dove a essere coinvolta sia la famiglia, tutta insieme: questo a dimostrazione di come lo sport di base non sia solo benessere fisico ma anche socialità e salute psichica contro ogni forma di discriminazione, anche di genere.