Condannata all’unanimità dai pedagogisti, dalla scuola e da una buona parte dei genitori (quella che ha scelto di non farla vedere ai propri figli), Squid Game, serie tv coreana vietata ai minori di 14 anni, offre diversi spunti di riflessione sulle trasformazioni sociali.

Allegoria di un mondo sempre più spietato

A fronte dell’allarme generato, in Italia come all’ estero, per l’emulazione che i bambini fanno della serie (riproducendone i giochi, picchiando e vessando i compagni che perdono), Squid Game ci proietta in una realtà distopica che è allo stesso tempo una potente allegoria della vita reale, svelando senza filtri la spietatezza del mondo in cui viviamo, le cui risorse sempre più limitate, inducono ad una competizione sfrenata che non contempla caduta.

Il parere dell’esperta

Ne è convinta la psicoterapeuta Alexia Di Filippo, esperta di psicologa dello sviluppo ed educazione, che nella trasmissione Tutto in Famiglia su Radio Cusano Campus ha spiegato: “la serie, dalla cui visione dovevano rigorosamente esclusi i minori di 14 anni, è stata invece seguita anche da bambini con conseguenze di emulazioni pericolose e crudeli. E con esiti psicologici imprevedibili.” Il fatto che i bambini imitino i giochi proposti dalla serie, come denunciato da insegnanti e genitori in molti paesi del mondo, punendo con azioni vilente coloro che perdono, è la dimostrazione che i piccoli incamerino dalla serie contenuti violenti, che non sono integrabili, e che tentino di evacuare sagendoli nel gioco. Dinamica tanto più grave in cui si aggiungono traumi per coloro che vengono vessati.

Per gli adulti un monito

“Al netto delle scene violente con spargimento di sangue, della dissonanza cognitiva che produce, la serie propone tuttavia un tema coraggioso – continua nell’analisi la dottoressa Di Filippo – una critica spietata al capitalismo, alla modernità globalizzata, alla società performativa che poggia sulle disuguaglianze, secondo l’assioma che gli ultimi saranno gli ultimi se i primi sono irraggiungibili.”

Un finto progresso

Secondo l’esperta la serie è anche un monito. “Viene illustrata lucidamente – racconta Alexia Di Filippo – la realtà di un finto progresso, che conduce i più all’indebitamento rendendoli carne da macello per oligarchi della classe di rigente: ricchi, magistralmente rappresentati, che si divertono a scommettere su persone divenute cose, giocattoli che devono rompersi gli uni con gli altri per il loro divertimento. Il fine è un miraggio: il riscatto sociale, possibile solo a prezzo della vita degli altri concorrenti e per il quale sono disposti a perdere l’anima.”

Squid Game

Un gruppo di individui fortemente indebitati, emarginati dalla società, viene reclutato da un’organizzazione misteriosa per partecipare ad un gioco al massacro, in cui è messo in palio un lauto montepremi. Il premio aumenta con il numero di persone che perdono ai singoli giochi, ispirati a quelli dell’infanzia come 123 stella, a costo della vita o venendo soppressi in modo crudele e cruento.

Intervista integrale di Livia Ventimiglia per Tutto in Famiglia Alexia Di Filippo – Squid Game – tag24.it