46%. Un dato che mostra una realtà sempre più diffusa quando l’Italia chiama al voto. Succede a Trieste dove ad andare alle urne, per le amministrative comunali, sono 85.378 cittadini su 184.489. ma come in matematica, anche qui cambiando città, il risultato non cambia. Nel capoluogo campano la percentuale sale al 47,19%, a Torino al 48,06, mentre Milano e Roma la percentuale sfiora il 48,80 circa. A conti fatti meno di un italiano su due è andato a votare. Solo a Bologna si supera la soglia del 50%, con il 51,16%: comunque oltre otto punti in meno rispetto a cinque anni fa.

Nonostante i seggi siano rimasti aperti per due giorni, dando così la possibilità agli elettori di votare in un arco temporale più lungo, i dati sull’affluenza delle elezioni comunali e regionali nel 2021 restituiscono un quadro in cui prevale l’astensionismo. Vota metà Italia, e la metà che vota boccia Destra e M5s. Nelle principali città, a disertare le urne sono stati i quartieri marginali, serbatoi di consenso – soprattutto negli ultimi anni – per Movimento 5 stelle, Lega e Fratelli d’Italia.

Nella capitale, per esempio, il dato più basso (42,85%) si registra nel sesto Municipio, quello “delle Torri” dove nel 2016 – con sette punti di affluenza in più – aveva trionfato Virginia Raggi, staccando il rivale Roberto Giachetti con un 80 a 20.

Un segnale che va interpretato e si può spiegare in vari modi: la disillusione dei cittadini sul fatto che si possano davvero cambiare le cose, candidati a sindaco incapaci di riaccendere l’entusiasmo degli elettori, partiti poco credibili in una fase storica in cui, al governo, c’è un tecnico che, di fatto, ha messo a tacere il confronto politico sui grandi temi.

Ma ad oggi, il disegno sembra univoco. L’Italia è di nuovo divisa.