Malattia mentale e stigma sociale: le innumerevoli storie di cronaca, omicidio e crimine, ci restituiscono un quadro sociale psicologico delicato. Cosa accade all’omicida al momento dell’episodio, è in grado di intendere e di volere? L’imputabilità: condizione delicata per quelli che si occupa di certificare lo stato psicologico dell’individuo in questione e per chi dovrà dare notizia dell’accaduto, indaga sul tema la giornalista televisiva RAI Adriana Pannitteri in Malattia mentale e zone d’ombra. Diario di una giornalista, Grifo Cavallino Editore.
Il concetto di imputabilità
“Noi parliamo della capacità di intendere e di volere come qualcosa che rappresenta una sorta di escamotage. Spesso si dice che viene richiesta la perizia perché il soggetto in questione cerca di cavarsela, come detto dal dottor De Gioia nella prefazione – ha detto Adriana Pannitteri, in alcune anticipazioni rilasciate a Cusano Italia TV – semplicemente se sono in grado di capire il gesto che ho commesso, e come l’ho commesso, se sono quindi in grado di intendere e di volere allora posso stare nel giudizio e nel processo. Se la mia capacità è ridotta si parla di vizio parziale di mente, se è totalmente cancellata si parla di vizio totale di mente.”
Difficoltà a riconoscere e comprendere i disturbi mentali
Malattia mentale: alle volte può trattarsi di un semplice disturbo temporaneo, altre volte di una vera e propria patologia più o meno invalidante. In entrambi i casi si rileva “una difficoltà a comprendere il tema del disturbo mentale. Abbiamo avuto una grande legge, la legge 180 legge Basaglia che ha portato alla chiusura dei manicomi, ben venga. Abbiamo avuto un’altra legge che ha portato alla chiusura dei manicomi criminali – ha aggiunto Pannitteri – ma la malattia mentale non è scomparsa. Chiudendo i luoghi nei quali la malattia veniva circoscritta non abbiamo chiuso o risolto il problema con la malattia. Io sono portata a pensare che Erica e Omar i due fidanzatini che sterminarono la famiglia di Erica, avessero un problema di patologia mentale. Non si arriva ad uccidere se non c’è un disturbo che non è stato compreso, quella è la zona d’ombra che va capita.”
Paura della malattia mentale
Le malattie mentali, ancora oggi, non vengono riconosciute per paura, una paura sempre esistita. “Chi ha un problema non si fa seguire, ha vergogna, vive quella condizione come una colpa – ha spiegato il dottor Enrico Prosperi – molti pazienti hanno subito pregiudizi, discriminazioni, a causa della propria condizione. Quello del riconoscimento, dell’accettazione e della cura è un viaggio che il paziente deve affrontare. Sappiamo che possiamo curare patologie anche molto gravi. Ad una grandissima psicoterapeuta, che ha pubblicato un libro, le è stato diagnosticato il disturbo borderline, uno dei più gravi, e col suo lavoro è riuscita a curare sia se stessa che le altre persone. Dobbiamo comprendere, col suo esempio, cosa vuole dire curare una malattia. La maggior parte delle nostre malattie sono croniche. Curare una malattia non vuol dire guarire totalmente.”