Abbandono scolastico: non siamo nuovi al fenomeno, prima della DAD il problema esisteva già, oggi in costante aumentato a causa della pandemia. “L’interruzione delle relazioni coi compagni può aver ridotto il piacere per lo studio, anche nei ragazzi più difficili – ha osservato Paola Scalari, psicanalista ad Open Day – lo studio è fatica e le famiglie sono chiamate ad accompagnare i ragazzi.”
Le conseguenze
Oltre al problema in sé, ne derivano altre complicazioni. Buona parte dei ragazzi che abbandonano gli studi non cerca neppure lavoro, quante volte avete sentito parlare della categoria dei neet? Gli inattivi sono la più grande sconfitta per un Paese, come il nostro, che aspira a definirsi moderno! “Tutte le figure professionali si interroghino, è tempo di ascoltare i più piccoli. Soltanto così possiamo trovare la chiave di volta per aiutarli. Dobbiamo aiutarli a capire come risolvere il problema, dobbiamo farlo insieme – ha evidenziato la dottoressa Scalari – viviamo in un mondo di separatezza, alimentato dalla pandemia. Il problema della dispersione scolastica è anche il problema del dopo: cosa faranno i ragazzi nella loro vita se non studiano?”
Le classi pollaio
Le abilità degli insegnanti nell’avvicinare i ragazzi allo studio non sono secondarie, all’interno del fenomeno in analisi. “Molti insegnanti sono abilissimi nelle loro materie curriculari, ma non hanno sono formati a rendere le classi pollaio un gruppo unico. Se tu consideri la classe come unica unità riuscirai ad includere anche i ragazzi meno interessati. Le galline vanno da tutte le parti e non vanno bene, se le classi diventano gruppo il problema si riduce. Formare il gruppo è tecnica non è improvvisazione – si è congedata la psicoterapeuta Scalari – la pandemia e la DAD non sono stati un problema laddove le insegnanti erano capaci di lavorare in gruppo con le classi. Ci sono insegnanti che hanno partecipato alla vita emotiva dei ragazzi, non solo scolastica. La DAD ha portato alla luce questa differenza, e sicuramente oggi possiamo dire di aver bisogno ad aiutare i docenti a costruire una relazione motivante tra gli studenti. E’ un’età in cui si ha bisogno di modelli, riferimenti. Educare significa lasciar posto all’altro e conoscerlo nella sua originalità.”