Nel 2018 James Gunn, regista dell’ottima e fortunatissima saga I guardiani della Galassia, riceve il benservito da casa Disney a causa di alcuni vecchi tweet poco corretti. Da quell’esilio – durato poco più di un anno perché la casa di Topolino presto ci ripenserà pressata dai fan – nasce l’occasione per un bel restyling d’autore alla task force di supercattivi DC che va sotto il nome di Suicide Squad. Assoldato dalla concorrenza che gli da carta bianca, Gunn rimette in pista il franchise dando al nuovo film tutto un altro tono rispetto al primo, cupo e serioso capitolo uscito nel 2016. The suicide Squad, con questo “The” davanti che suona quasi come una presa di distanze, non è né un sequel ne un reboot. Tanti nuovi personaggi, infatti, prendono posto in un plot che resta separato dalla vecchia narrativa ma non la contraddice. Ritroviamo diversi membri e attori del cast, da Capitan Boomerang a Viola Davis, fino all’immancabile Harley Queen di Margot Robbie che dopo l’assolo in Birds of Prey chiude in bellezza un arco narrativo iniziato con la rottura con il Joker, regalandoci la sua miglior scena d’azione di sempre.
Questa volta la squadra di detenuti messa su dalla spietata Amanda Waller viene inviata nell’isola nazione di Corto Maltese, appena rovesciata da un colpo di stato che ha portato al potere un regime antiamericano. L’obiettivo è un centro di ricerca dell’era nazista, Jötunheim, al suo interno si cela una pericolosa creatura aliena che imbarazza il governo USA. Distruggere le prove del cosiddetto progetto “Starfish” (la ridicola ma al contempo terrificante stella marina gigante Starro il Conquistatore, pupazzone psichedelico e villain emblematico dello spirito del film), ovviamene, si rivelerà essere fin da subito una “missione suicida”.
Già messi in guardia dal sottotitolo italiano sulla pericolosità della nuova sfida, dobbiamo però prepararci anche allo stile visivo e all’atmosfera del tutto nuovi di questo secondo atto a firma James Gunn. Coloratissima, ultraviolenta, irriverente e tanto scorretta da guadagnarsi il Red Band, l’inedita Suicide Squad finalmente libera dai canoni dei cinecomic quanto ad anarchismo e originalità regge il confronto solo con Deadpool. Parte del merito, oltre al linguaggio più fresco, va sicuramente alla sfilza di nomi nuovi accuratamente selezionati da Gunn: Idris Elba come Bloodsport rimpiazza il Deadshot di Will Smith – ma ciò non vieta che l’attore possa riprendere in mano il suo personaggio in futuro – un fantastico John Cena nei panni di Peacemaker (una sorta di fratello idiota di Capitan America), Ratcatcher 2 la ragazza che controlla i topi modi pifferaio magico, Sylvester Stallone per la voce inglese di King Shark, divertente ibrido pesce uomo che tenta di riproporre – riuscendoci – la simpatia di Baby Groot, e poi l’improbabile Polka Dot Man, a detta del regista “il più stupido personaggio DC di tutti i tempi”, qui reinterpretato in chiave tragica perché dominato dal Complesso di Edipo.
È vero, qui Gunn celebra la sciocchezza, ma lo fa in un modo furbo e ricercato. I temi ci sono: dalla politica USA in America Latina all’emarginazione, passando per l’empowerment femminile e i problemi con la figura genitoriale. Decimo film del variegato Universo DC, forse il più anti-establishment, è il trionfo del nonsense: esteticamente notevole, con effetti speciali di prim’ordine, una buona dose di uccisioni splatter, battutacce, musica a volontà e un montaggio che si scatena tutto sul finale, si rivela in una parola: irresistibile.