Alice, Meryl Streep, è un’autrice che ha già vinto il premio Pulitzer e superato da tempo la fase più prolifica della sua produzione letteraria. Ma continua ancora a raccogliere i frutti del suo lavoro, collezionando premi su premi. L’ultimo la porta in Inghilterra, a bordo di un grande e lussuoso transatlantico. Lei non può volare e così il suo agente l’ha convinta ad imbarcarsi sulla Queen Mary 2, la nave che ogni settimana affronta la traversata New York – Southampton. E le ha anche concesso di portare con se chi vuole, perciò l’invito ricade su due care vecchie amiche dei tempi del college, Dianne Wiest e Candice Bergen, con le quali Alice ha perso i contatti da 30 anni, e l’amato nipote interpretato da Lucas Hedges. Ma le cose non filano lisce, la Bergen è, infatti, convinta che l’affermata amica scrittrice si sia ispirata alla sua vita disastrata per la protagonista del romanzo più noto, Tu sempre/tu mai. E lo considera una maledizione, a cui imputare ogni fallimento. Dopo l’uscita del libro, infatti, il suo matrimonio è andato in pezzi e ora si ritrova a vendere lingerie in un grande magazzino. Sulla nave spera di rifarsi, o quantomeno conquistare qualche uomo ricco che possa sottrarla a tutto questo. Un po’ meglio è andata alla dolce Wiest, che è diventata una consulente per le detenute in attesa della libertà condizionata, un lavoro più appagante e solidale.

La fortuna degli altri è difficile da mandar giù, rimpianti e risentimenti ben presto si fanno largo soppiantando i bei ricordi della giovinezza delle tre donne. Tre protagoniste che pur reggendo il film attraverso i tanti dialoghi, puntuali anche se in parte brillantemente improvvisati, faticano a comunicare. Ad Hedges il ruolo di conciliatore. Il ragazzo ha però una linea narrativa tutta sua: a bordo c’è anche l’agente di Alice, che impaziente di carpire informazioni sul nuovo manoscritto a cui lavora, lo avvicina facendolo diventare suo basista. A completare il quadro si aggiungono un misterioso individuo che entra ed esce dalla stanza della protagonista, lasciando pensare a una relazione clandestina, e un collega di quest’ultima, scrittore di gialli best seller.

Una commedia ma anche un dramma intimista. Steven Soderbergh, che ha all’attivo ormai più di 30 film, firma regia, montaggio e fotografia ultimando le riprese a bordo in soli dieci giorni. Luce naturale, solo una piccola telecamerina di ultima generazione. E c’è spazio anche per un po’ di metacinema, quando Hedges riflette sull’uso della tecnologia nelle relazioni umane con le “nonnine”, sembra quasi strizzare l’occhio alle moderne e minimali attrezzature digitali impiegate dal regista. La sceneggiatura, che è ottima, fa solo che da guida: grandi attori, grande improvvisazione. Il registro, la sagacia delle battute, le atmosfere e l’accompagnamento musicale sono di matrice alleniana. E il cineasta di Atlanta infondo si pone interrogativi non troppo diversi dal maestro newyorkese. Quanto c’è in un’opera della vita del suo autore? Anche la letteratura di consumo ha una sua dignità? Continuare a produrre o limitarsi ad un unico grande capolavoro? Sullo sfondo ci sono i grandi temi: vita, successo, denaro, tradimento, amore. E su questi ultimi due punti il personaggio della Streep ha una tesi a dir poco singolare. Più tieni a qualcuno meno devi farti scrupoli nel fargli del male, perché la tua prospettiva di essere perdonato è molto realistica. 

Un titolo che non rende giustizia, nasconde uno splendido piccolo film di donne che non sanno chiedere scusa, rimanendo salde e correnti ai loro modelli di vita imperfetti che impariamo a conoscere durante il lungo viaggio, affatto catartico. La totale assenza di conciliazione e perdono, infatti, sono la forza della storia, amara ma coraggiosa nel finale.