Paolo Crepet, psichiatra, è intervenuto ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta”, condotta dal direttore Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus.
Sul divieto di far visita ai parenti in ospedale. “Un conto è quello che sta accadendo oggi, un conto era quello che accadeva a dicembre con mille morti al giorno e la situazione erratamente fuori controllo. Dopodichè, è ovvio che una persona in ospedale debba entrare con tutte le precauzioni del caso. Ma il problema è a monte: noi abbiamo scelto di dare la parola solo ed esclusivamente ad una categoria, quella di virologi e microbiologi. Pensare per un anno e mezzo solo con la loro testa è stato un errore formidabile. Il virologo sa di psicologia umana quanto io so di fisica atomica. Il fatto stesso che nel Cts non ci sia neanche l’ombra di persone che avessero competenze di relazioni, di emotività, di psicologia, dimostra che non c’è attenzione alla persone. Noi non siamo un mucchio di cellule, siamo persone. Durante la pandemia è stato detto chiaramente che noi siamo i nostri organi, tutto il resto: corpo e mente non sono stati considerati. L’ordine dei medici non ha mai messo bocca su questo, forse a nome della medicina, a nome di Ippocrate si poteva dire qualcosa del tipo: esiste la mente”.
Sui giovani. “Abbiamo chiuso i ragazzi un anno e mezzo uno stanzino, questo è stato riprovevole, c’è stato un aumento del 60% della miopia nei giovani perché non hanno potuto vedere la luce solare. Adesso i nostri figli sono ciccioni, curvi e pure mezzi ciechi, chi paga questi danni? Perché non abbiamo accettato un rischio pur di salvare i nostri ragazzi? Adesso qualcuno si lamenta che stanno tutti ammucchiati nelle piazze, per forza, quando apri il cancello il toro è arrabbiato”.
Sull’assassinio della 35enne trevigiana, uccisa a coltellate da un uomo con disturbi psichici mentre prendeva il sole al parco. “Persone psicologicamente fragili da sempre sono motivo di preoccupazione, la psicologia non è una cosa che ti cade dal tetto, qualsiasi cosa che nasce dentro la nostra anima ha un lungo percorso che dovrebbe essere osservato dalle persone che ti stanno vicino. Mi meraviglio che nel 2021 un genitore non si sia accorto che il proprio figlio non sta bene e non abbia messo in allerta qualcuno. Qualcuno chi? Qualcuno che fa parte del Servizio sanitario nazionale. Noi abbiamo dei servizi di salute mentale che dovrebbero poter intervenire, ma evidentemente non riescono a farlo. Come per tutto il SSn, tutto quello che non era ospedale, non abbiamo mai finanziato, creato, penso al buco enorme che riguarda l’adolescenza che non ha servizi specifici. E’ chiaro che se togli dal territorio risorse, personale, formazione, siamo abbandonati. Questo è quello che è accaduto in questi casi di cronaca. Io ho lavorato con Franco Basaglia e dire che era meglio con i manicomi lo può dire solo un ignorante. Il manicomio era un inferno, bastava entrare in un manicomio per perdere ogni diritto. Se vogliamo ritornare indietro al vecchio regime, alla fine dell’800 non so… Anche le persone che hanno problemi psicologici hanno diritti civili, io sono per questo, detto ciò la sfida che voglio lanciare nei confronti del Ministero della Salute è che cosa faranno con i soldi del Recovery Fund? Andranno ai servizi territoriali oppure a finanziare qualche struttura di lusso? Se un ragazzo di 16 anni ha una crisi psicologica dove va? Chi l’aiuta? Nessuno. Non rientra nella neuropsichiatria infantile, il servizio di salute mentale sarebbe per gli adulti e per lui non c’è nessuno”.