Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, è intervenuto ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta”, condotta dal direttore Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus.

Sulla situazione covid. “Dobbiamo mettere in fila le varie tipologie di indicatori –ha affermato Cartabellotta-. Si sta facendo un po’ di confusione. Nel momento in cui attuiamo misure restrittive, il primo indice a scendere è l’rt, poi si riducono i casi, poi le ospedalizzazioni e infine i decessi. Detto questo, noi oggi siamo in una situazione in cui gli effetti delle misure restrittive non sono stati sincroni perché alcune regioni hanno iniziato prima. E’ opportuno guardare il dato spacchettato a livello regionale. In ogni caso, abbiamo registrato che oltre all’rt, i nuovi casi a livello nazionale stanno scendendo. C’è una situazione ancora critica negli ospedali, soprattutto in alcune regioni il sovraccarico ospedaliero rappresenta il principale elemento di criticità della terza ondata. Il potenziamento dei posti letto, in particolare in terapia intensiva c’è stato, però per attivare un posto e farlo funzionare c’è bisogno degli operatori specializzati. Il grande potenziamento di fatto, sebbene sia avvenuto, ha un collo di bottiglia che non è risolvibile nel breve termine. L’altro problema è legato al fatto che non si può pensare di gestire la pandemia all’interno degli ospedali, il primo argine che è quello del tracciamento è saltato ad ottobre e ci abbiamo subito rinunciato”.

Sulla riapertura delle scuole. “Da un punto di vista sociale sono convinto che le scuole debbano essere le prime a riaprire e le ultime a chiudere. Detto questo, c’è bisogno di un adeguato livello di sicurezza nelle scuole, compresa anche la questione trasporti, e dobbiamo essere consapevoli che se riapriamo le scuole non possiamo riaprire altro, in questo senso la decisione di aprire le scuole va di pari passo con la decisione di lasciare l’Italia in rosso ed arancione fino a fine aprile altrimenti il sistema non regge”.

Sulla campagna vaccinale. “Partiamo dai numeri. Noi al primo trimestre da contratto abbiamo oltre 15 milioni di dosi, di cui ne abbiamo ricevute il 70% e il generale Figliuolo ha garantito che il resto arriverà entro la prima settimana di aprile. Poi nei prossimi trimestri dovrebbero arrivare 52 milioni di dosi e poi 84 milioni, se dovessero arrivare realmente, la macchina organizzativa che è stata potenziata ce la può fare ad arrivare a quota 500mila somministrazioni al giorno. Il vero problema è legato a chi stiamo dando i vaccini. In questa primissima fase è necessario vaccinare le persone più fragili, quelli che pagano il tributo più alto. Lo stesso motivo per cui noi facciamo le restrizioni, cioè evitare il carico sugli ospedali, è il motivo per cui dobbiamo dare protezione ai più fragili. Se le restrizioni si stanno prolungando questo è legato anche al fatto che non abbiamo usato bene le dosi di vaccino finora”.


Sull’approvazione del vaccino Sputnik.
 “Sputnik formalmente non ha ancora presentato domanda di approvazione all’Ema. L’Ema al momento sta facendo una revisione continua dei dati, ma per poterlo autorizzare alla commercializzazione deve ricevere un dossier completo dall’azienda produttrice, cosa che adesso non è ancora stata fatta. Il prodotto finora è utilizzato molto poco anche in Russia, viene esportato in alcuni Paesi che lo approvano per conto proprio. Dal punto di vista dell’approccio, se uno sceglie la linea europeista si deve attenere a quello che decide l’Ema, se invece si sceglie di fare per conto proprio, allora l’Aifa può fare le sue verifiche e poi decidere se autorizzarlo. Ma se è vero che stanno arrivando tutti gli altri vaccini, mi sembra una priorità non immediata da questo punto di vista”.