Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, è intervenuto ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta”, condotta dal direttore Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus.

 

Sulla divisione in aree di rischio. “Dal punto di vista del funzionamento, se intendiamo quanto ha ridotto la circolazione del virus e l’impatto su ospedali e terapie intensive, il sistema delle Regioni a colori ha funzionato –ha affermato Cartabellotta-. Il problema è che queste riduzioni sono avvenute in un periodo molto lungo, in quasi tre mesi di stop&go. Dovendo ragionare col senno di poi, ma anche con le proposte da noi fatte, il vero problema non è l’intensità delle misure, ma la tempestività con cui vengono attuate. Le misure devono essere il più tempestive possibile, perché quando il virus comincia a circolare di più i casi raddoppiano nel giro di poco tempo. La tempestività in questo momento è più importante del rigore delle misure. Un indicatore molto sensibile è la variazione percentuale dei nuovi casi rispetto alla settimana precedente. Appena si vede un’accelerazione su questo fronte, visto che le varianti nel giro di poco tempo incrementano i casi, bisogna chiudere subito per evitare che da un comune il contagio si sposti alla regione e poi fuori regione. L’indice rt è una stima, che rappresenta alcuni limiti e risente molto della tempestività e la completezza dei dati che vengono forniti dalle Regioni. Se c’è un ritardo medio di 10 giorni, in quei 10 giorni i casi possono aumentare anche del 60%. In questo momento quel sistema frenante testato per frenare sull’asciutto, oggi si trova a fare i conti con un pavimento pieno di macchie d’olio”.

Sulle vaccinazioni. “Abbiamo un primo problema che è quello delle dosi, questa riduzione da un lato è imputabile alle aziende, dall’altro risente di stime irrealistiche del piano vaccinale inziale. Il secondo problema è quello delle consegne, finora è stato consegnato il 37% delle dosi, se anche ora le dosi arrivassero tutte insieme il sistema farebbe comunque fatica a somministrarle tutte. 300mila vaccinazioni al giorno? Al momento è irrealistico. Noi siamo andati abbastanza veloci con le somministrazioni al personale medico, ma con la popolazione non sarà così facile. Evidentemente i tempi rallentano e sugli ultra 80enni la preoccupazione è legata al fatto che abbiamo completato il ciclo vaccinale solo nel 3%. Le tempistiche purtroppo sono diverse da Regione a Regione”.

 

Sul vaccino russo Sputnik. “C’è un problema di fondo, non ha mai presentato la domanda di autorizzazione all’Ema, né ha autorizzato l’Ema all’ispezione degli impianti di produzione. L’Italia potrebbe decidere di sganciarsi dall’UE e approvarlo direttamente come Aifa, ma questo non verrebbe ben visto dall’UE”.

Sulla somministrazione di una sola dose ritardando la seconda. “Al momento è un azzardo. Se è vero che Israele e Regno Unito sono molto avanti e sembra che dopo la prima dose ci siano già risultati, è altrettanto vero che servirebbe comunque una modifica del bugiardino da parte delle aziende produttrici. Anche perché questi studi sperimentali di Israele e Regno Unito sono ancora in fase di studio. Credo che in questo momento bisogna seguire le indicazioni delle attività regolatorie”.

Sulla produzione del vaccino in Italia. “Il progetto dell’autoproduzione passa prima dalla cessione dei brevetti. Quello che si può fare è una produzione per conto terzi, utilizzando gli impianti italiani, ma questi impianti devono essere riconvertiti e servono almeno 12-16 mesi”.