Tv: i programmi in palinsesto sono tutt’altra cosa rispetto a quelli di una volta. Senza nostalgia alcuna, non avrebbe senso, abbiamo raccontato la televisione di oggi: le trasmissioni, i conduttori e i contenuti. A cosa è legato il cambiamento? Cosa abbiamo perso? Cosa abbiamo guadagnato? “Sanremo è un caso folkloristico che si trascina. La tv è un mezzo elettronico fatto di immagini, che stanno dentro un schermo più piccolo di quello cinematografico, che vengono proiettate addosso allo spettatore – ha osservato il professor Peppino Ortoleva, docente di Storia e Teoria dei Mezzi di Comunicazione, a Tutto in Famiglia, su Radio Cusano Campus – invece di essere proiettate sullo schermo, come nel caso del cinema. Questi sono aspetti tecnologici che fanno della tv un mezzo diverso dal cinema e dalla radio. Qualcosa in comune con il passato c’è: esiste un’azienda, che non è una vera azienda, e si chiama RAI, e una volta aveva il monopolio della televisione, ed è con Mediaset la più grande azienda televisiva, e radiofonica, italiana.”
Cos’è cambiato?
TV: oggi vediamo tutti i canali a colori, “sembra un elemento ovvio ma non lo è. Il periodo di cui parlavate prima, e cioè dei tempi di Canzonissima, è un periodo che riguarda la televisione in bianco e nero. Carosello finisce nel ’77 e la televisione a colori arriva nel 76. La tv in bianco e nero e quella a colori sono diverse per vari motivi, tra cui il fatto che il bianco e nero ha qualcosa di più realistico del colore. Il colore televisivo è diverso dai colori della realtà – ha aggiunto Ortoleva – all’epoca c’era il monopolio, esisteva soltanto la RAI, poi dal ’61 al 75 c’erano soltanto due soli canali, gli italiani si trovavano la sera a vedere un solo canale, o a sceglierne uno dei due. Gli italiani vedevano tutti la stessa cosa, o si dividevano tra pochissime possibilità. Col digitale terrestre l’offerta televisiva si è moltiplicata, il che comporta la specializzazione di molti canali: c’è chi fa solo news, chi soltanto storia. Gli altri hanno una programmazione generalista, ma comunque si devono ricavare una riconoscibilità: per esempio abbiamo una programmazione diversa tra Canale 5 e RAI 1, cioè i più generalisti, mentre gli altri cercano di darsi un’identità più specifica.”
L’espressione del talento
In uno scenario completamente mutato dove sono i talenti, e dopo possono collocarsi i cantanti, gli attori, i ballerini? “I talenti in tv ci sono. Il varietà, come format tradizionale, continua ad esserci ma assume la forma del quiz show. Gli equivalenti del vecchio Corrado sono i presentatori dei quiz show, magari preserali o cose del genere, il modello non è scomparso. I talenti li troviamo nelle serie televisive, che negli ultimi vent’anni hanno subito una crescita di livello – ha fatto notare Peppino Ortoleva – le serie televisive che dava la RAI erano le migliori d’Europa. Le americane si possono vedere su Netflix, è lì che ottengono il loro seguito. Anche la serialità televisiva italiana ha conosciuto una crescita di livello notevolissima.”
C’è poca comicità in TV
Il varietà, invece, “nasce nell’Ottocento e dura fino alla televisione dei primi anni. Gli spettacoli degli anni ’60 contengono canzoni e molte chiacchiere, che oggi non sopporteremmo più. Un tempo era fatto di tanti elementi, l’elemento comico era soltanto uno dei tanti fattori, una parte. Far ridere in tv è difficile, è una delle cose più complicate che esistano. Ci manca la buona comicità. Quello che succede oggi con Crozza, accadeva decenni fa con Noschese. Questi personaggi sono rari e quando ci sono vengono strausati – si è congedato Ortoleva – il vero rinnovamento italiano è arrivato, prima alla radio poi alla televisione, e porta il nome di Renzo Arbore. Con Alto Gradimento, e poi con Quelli della Notte, hanno introdotto una comicità televisiva che è stata sfruttata all’infinito. Non sono gli unici, subito dopo abbiamo visto Corrado Guzzati, Fiorello, sono talenti degli anni ’90/2000. Guzzanti non si sente da un pezzo, ma quando c’era si sentiva. L’offerta nel frattempo si è ultra moltiplicata, c’è stata la barbaradursizzazione della televisione: Fabio Fazio fa sempre la stessa cosa da anni, Barbara D’Urso idem. Il pubblico è sempre più anziano. Il tentativo di catturare la gente attraverso altri format c’è stato. E’ stato il reality show a dare nuovo impulso. L’obiettivo è di tenere il pubblico seduto facendo vedere persone reali, e fare spettacolo sulla pelle delle persone. L’obiettivo è stato raggiunto, dimostra che la comicità non è l’unico ingrediente per avvicinare le audience, ma un buon motivo per tornare a far sedere la gente davanti alla tv.”