Arte: Lea Vergine, critica scomparsa il 20 ottobre 2020, il giorno dopo la morte del suo compagno di vita e di visione, il maestro del design italiano Enzo Mari, è stata raccontata da Barbara Martusciello in uno degli episodi di Unicum: storie da collezione su Cusano Italia TV (264 dtt) e che è andato in onda venerdì 30 ottobre alle ore 20.30 su Cusano Italia TV (264 dtt).
Quando l’arte era scandalo
Lea Vergine nella mostra L’altra metà dell’avanguardia realizzata nel 1980 a Milano a Palazzo Reale, aveva messo in luce la funzione delle donne nell’arte nel periodo della prima metà del 900 quando c’era stata la rimozione dell’arte fatta dalle donne – afferma Barbara Martusciello, storica e critica d’arte – così come, nel successo editoriale Il corpo come il linguaggio, indagando la body art, che era «un modo per mettersi al mondo» diceva Lea Vergine, scandalizzando l’Italia di quegli anni e suscitando sempre dibattiti culturali.
L’arte non è una cosa per persone perbene
«E’ stata sempre una donna molto concentrata e aveva la nomea di avere un caratteraccio. Per lei l’arte era qualcosa di disturbante , qualcosa che fa osservare la realtà non in maniera omologata» – dice Barbara Martusciello spiegando cosa volesse dire Lea Vergine quando affermava che «l’arte non è una cosa per persone perbene». Soprattutto in quegli anni, rivendicava il fatto che «l’arte non era qualcosa che doveva abbellire i salotti buoni della Milano bene o della Roma bene ma doveva essere qualcosa di più profondo, come di fatto l’arte è». In una intervista fatta dalla storica dell’arte Stefania Gaudiosi, Lea Vergine afferma che «l’arte è il superfluo» intendendo che «se ti manca da mangiare certamente devi mangiare ma l’arte è il cibo per l’anima, per la consapevolezza, per avere anche una idea del mondo differente: le piacevano queste iperboli – e aggiunge Barbara Martusciello – è stata una donna bellissima che si impegnava nel dire che questo non era la cosa fondamentale, riportando un aneddoto che raccontava la stessa Vergine e precisamente di una querela a un giornalista accusandolo di una affermazione sessista». Del resto per una donna impegnata in quell’ambito, non era facile: erano anni di dibattito femminista e dall’altra parte c’era una voglia di rimuovere il femminile all’interno della creatività, ed erano anni in cui alla fine, erano gli uomini quelli di potere, e si metteva sempre davanti a tutto, solo il fatto che le donne fossero «belle».