Nell’estate del 1985, a Tréport, città balneare sulle coste della Normandia, Alexis viene salvato dall’annegamento dal poco più grande David. Tra i due nasce un’intensa storia d’amore presto spezzata da un tragico evento, dopo una lite David sfreccia via in moto e muore in un violento incidente. Travolto dal dolore, Alexis sente di dover rispettare ad ogni costo un’insolita promessa: ballare sulla tomba di chi dei due fosse morto per primo.
Il film di François Ozon, premiato dal pubblico alla Festa del Cinema di Roma, è liberamente ispirato al romanzo di Aidan Chambers Danza sulla mia tomba. Il regista, rimasto affascinato dallo stile frammentato, da album dei ricordi, di questa storia, già a diciotto anni fantasticando su un futuro da regista butta giù una prima stesura della sceneggiatura. Nel ripensare questo film oggi, dopo una lunga carriera nel cinema, sceglie di restare fedele alla struttura narrativa dell’amato romanzo, trasferendo però i fatti in Francia e ambientandoli nel periodo in cui conobbe l’opera per la prima volta: l’estate del ‘85.
Le Tréport, come l’inglese Southend on Sea dove è ambientato il romanzo, è una cittadina marittima prevalentemente di estrazione proletaria, nel nord della Normandia. Davanti alla schiera di alloggi per famiglie stile anni ‘60, si stendono larghe spiagge di ciottoli ed è lì che Alex, ragazzo dall’aspetto acerbo, ancora un po’ infantile ma molto vitale, incontra David.
Sorpreso a largo da una tempesta, viene fortuitamente avvistato e salvato da un ragazzo diciottenne, energico e disinibito, che lo supera in altezza e potenza. Ci accorgiamo subito che in lui c’è qualcosa di erosivo e Alex è destinato a soffrirne.
Anche la famiglia di David condivide questa sua natura duplice e ambigua. Ha una madre apprensiva, resa invadente dalla scomparsa del marito. È la nostra Valeria Bruni Tedeschi, ironica e un po’ folle per il personaggio di questo genitore tanto istrionico.
Da sempre affascinato dalla morte, Alexis se la ritrova improvvisamente davanti, lì a derubarlo di quel prezioso amore da poco sbocciato. La promessa e il conseguente atto della danza – lugubre di per sé ma catartico e gioioso per il ragazzo – gli consentono di liberare il cuore dal peso gravoso della tragedia e ritorna a vivere.
Grande fortuna imbattersi nella scrittura, talento naturale. Non riesce a parlare di quanto accaduto e trova nel picchiettio della macchina da scrivere la giusta valvola di sfogo.
Ciò che oggi davvero colpisce della lettura del racconto, per l’epoca in cui ha preso corpo nella mente di Chambers, è l’approccio incredibilmente moderno ed evoluto al tema dell’omosessualità. L’essere gay non viene mai presentato come un problema o un motivo di turbamento, ma bensì un qualcosa di scontato e del tutto normale. Parliamo del ‘66 ma ancora vent’anni dopo, nell’estate del ‘85, le uniche love story omosessuali che osavano circolare sugli schermi non adottavano che tinte cupe e toni dolorosi.
In questa pellicola François Ozon – che per l’occasione accantona anche il digitale – ripropone per la sua scoppiettante storia d’amore i canoni del teen drama. Due anime che si incontrano e si amano, e stavolta non importa quale sia il loro sesso. L’insindacabile merito di Ozon va però all’abilità di portarci con delicatezza nell’intimo di questo amore, celebrandolo come indiscutibilmente bello e universale.