Mario Cardinali, direttore del mensile satirico “Il Vernacoliere”, è intervenuto ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta”, condotta dal direttore Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus.
Vernacoliere a rischio chiusura, l’appello di Cardinali: “Servono 5.000 abbonamenti in più”. “Più che rischiare di chiudere, rischiamo di finire nel calderone della disattenzione generale, dell’abitudine di non leggere e non riflettere –ha affermato Cardinali-. E’ in crisi la fruizione della satira e di tutto ciò che può aiutare a riflettere e capire. Oggi si ascolta la battutina e si ride ma finisce lì, i nostri politici poi sono i primi buffoni quindi hanno depotenziato la satira. Oggi si va avanti per piccoli proclamini, c’è lo sberleffo dell’attenzione, della riflessione, fatto come offesa alla ragione altrui. Ma è regola del potere che tanto meno i sottoposti ragionano, tanto meglio è per il potere. Abbiamo bisogno di solidarietà concreta per andare avanti, con 27 euro ci si abbona al Vernacoliere. Tra i primissimi abbonati c’è stato il sindaco di Livorno, si è abbonato subito anche Vauro. Nei primi due giorni dopo l’appello abbiamo fatto 400 abbonamenti”.
Sulle querele ricevute negli anni. “Nel corso degli anni di querele ne abbiamo avute tante, di processi pochissimi. Specialmente in campo religioso. Una volta, quando ci fu l’elezione di Ratzinger, scrissi: “Era meglio un papa pisano almeno si rideva un po’… C’ha la ghigna a tedesco”. Fummo denunciati per istigazione all’odio razziale. Ovviamente la procura non diede seguito alla denuncia”.
Sulle vignette di Charlie Hebdo su Maometto. “Io non condivido come contenuti certe vignette di Charlie Hebdo, ma non per queste le censurerei. Mi sembra una vis polemica che esula dal contenutismo, dal ragionamento. Noi quando facciamo battute sulla Chiesa hanno un senso, partono da un fatto d’attualità. Io che sono agnostico, non mi permetterei mai di offendere Gesù, rispetto, ma desidero che anche gli altri rispettino la mia libertà di coscienza. Una volta quando un collaboratore famoso mi propose una tavola, aveva messo sopra una defecazione umana un’ostia, io gli impedì di pubblicarlo spiegandogli che esiste il comune senso religioso. Dopo una mezzoretta lo convinsi. Non occorre andare ad offendere certi sentimenti, quando non c’è un motivo particolare. La satira si propone come invito alla riflessione, altrimenti è solo un fatto sporadico”.