Francesco Totti, dopo venticinque anni alla AS Roma di cui diciannove con la fascia di capitano, è entrato di diritto nell’immaginario collettivo, araldo della romanità nella cultura popolare, è una figura cardine nel mondo del calcio e non solo.

Oggi, fuori del campo, Francesco è al centro di numerosi progetti cinematografici. In arrivo anche una serie Sky, Speravo de morì prima, che si prefigge di esplorare da un punto di vista differente gli ultimi due anni di carriera del campione giallo rosso interpretato dal giovane Pietro Castellitto. 

Intanto alla Festa del Cinema di Roma, il docufilm di Alex Infascelli Mi chiamo Francesco Totti convince pubblico e critica con la sua ricostruzione personalissima della vita del capitano. Un film carico dell’ironia e della sensibilità propria di Francesco, che da poco ha anche affrontato la grave perdita del padre e per questo ha rinunciato di partecipare alla kermesse romana.

Evento speciale nei cinema, in tre giorni di programmazione incassa quasi 600.000 euro, una delle corse migliori.

“Mi chiamo Francesco Totti” non è un banale docufilm su di un personaggio famoso in cui sfilano carrellate di firme, presidenti, volti noti del settore intenti a tessere lodi sperticate. Non c’è nessuna volontà di spiegare razionalmente l’amore per il pallone e la passione viscerale che lega il pupone alla sua tifoseria, analizzare il “fenomeno Totti” con lo sguardo asettico dell’esperto. Merito forse della totale impreparazione in ambito calcistico del regista Infascelli, che sceglie come chiave narrativa la grande spontaneità del suo protagonista.

Qui c’è posto per un’unica voce, quella del capitano. Francesco Totti fa da anfitrione e ci accompagna nel suo racconto per tutta la pellicola, ripercorrendo fasi ed eventi con uno sguardo a volo d’uccello sulla sua storia. In questa narrazione sincera dei fatti interpreta il ruolo di un se stesso maturo, ad un passo dall’addio al mondo del calcio, che non teme di mettersi a nudo commentando il tappeto di immagini accuratamente raccolte da Infascelli.

Il regista Alex Infascelli alla Festa del Cinema di Roma

Il film si muove su questi due binari, i materiali d’archivio e Francesco catapultato in una delle giornate decisive che precedono l’abbandono del calcio professionale. Un esame del passato con gli occhi del presente, dai primi anni di scuola e i calci nel cortile del Manzoni, a Trigoria e le giovanili fino al fenomenale ingresso in serie A da giovanissimo. 

Ma il tempo è nemico ed è lì che lo aspetta, al varco come l’implacabile Spalletti. “Il tempo è passato, ma pure pe voi” dice il campione rivolto a un’intera generazione. Ritratto celebrativo – a tratti quasi cristologico azzarda Infascelli – di un uomo che ha fatto la storia di un club e della sua città, capace di emozionare per la sua natura autentica, profondamente umana, rara e inconfondibile.