Il Prof. Giuseppe Novelli, genetista dell’Università di Tor Vergata, è stato ospite del programma “L’imprenditore e gli altri” condotto da Stefano Bandecchi, fondatore dell’Università Niccolò Cusano, su Cusano Italia Tv (canale 264 dtt).

Riguardo alla cura con gli anticorpi monoclonali su cui il Prof. Novelli ha iniziato una ricerca da maggio. “Oggi le cure principali per il cancro, per le malattie autoimmuni, per la psoriasi, sono tutte basate su anticorpi monoclonali –ha affermato Novelli-. Per quanto riguarda il covid, sono stati sviluppati in almeno 25 laboratori al mondo e sono in grado di riconoscere il virus e bloccarne l’accesso nelle nostre cellule. Ora questi anticorpi monoclonali sono ancora sperimentali per quanto riguarda il covid, sono oggetto di studio, negli Usa una casa farmaceutica importante li ha prodotti e già sperimentati su oltre 2mila pazienti con risultati molto incoraggianti. La cura non ha ancora avuto l’autorizzazione ufficiale della FDA. Gli Usa però hanno la sperimentazione di emergenza che è un po’ come per noi l’uso compassionevole di un farmaco, che anche se non approvato può essere sperimentato su singoli casi, ovviamente dietro il consenso di un clinico. Per questo è stata utilizzata per il presidente degli Stati Uniti”.

La Regione Lazio ha finanziato la sperimentazione con 2 milioni di euro. “Quando uno produce una molecola poi deve diventare farmaco e non basta la ricerca accademica. Questo possono farlo solo alcune farmaceutiche, perché serve una determinata strumentazione. C’è un problema di costi di produzione, sono farmaci molto costosi da produrre. Sono molto grato alla Regione Lazio per aver investito su questa tecnologia che ci permetterà di fare la sperimentazione anche in Italia, appena ci daranno l’autorizzazione. Stiamo programmando di farla almeno su 100 malati. Lo faremo contemporaneamente in India, in Brasile e negli Usa. Il numero delle dosi di anticorpi non è paragonabile a quello dei vaccini, lì parliamo di miliardi di dosi, qui di milioni, dunque la produzione è più fattibile, poi per i vaccini c’è bisogno di due dosi, mentre per gli anticorpi una sola dose che ci protegge anche per un mese-un mese e mezzo. Se ad esempio in una casa di cura scoppiasse un focolaio, gli anticorpi monoclonali potrebbero coprire gli altri che sono stati a contatto con un positivo ed impedire che si sviluppi la malattia. E’ un po’ come quando vai in Africa e fai la profilassi anti-malarica”.

Sulla terapia con il plasma iperimmune. “Il plasma iperimmune lo conosciamo da cento anni per guarire le malattie. Gli anticorpi monoclonali sono un prodotto nuovo, puro, pulito, omogeneo. Quando si prende il plasma di uno guarito non si sa quanti anticorpi ci sono, di che qualità sono e se funzionano. Invece gli anticorpi monoclonali li prendi, li purifichi e sai cosa stai iniettando”.

Se il virus è lo stesso ci sono asintomatici e persone che finiscono in terapia intensiva? “Abbiamo fatto una ricerca scoprendo che almeno il 15% dei pazienti gravi, che finiscono in terapia intensiva, hanno un difetto genetico nel produrre l’interferone, che è la prima linea di difesa contro il virus. Questo è importante, perché ci dice che non siamo tutti uguali e quindi bisogna conoscere bene il dna di ognuno di noi. Questi pazienti che hanno un difetto genetico individuale possiamo fornirgli l’interferone”.

Sulla situazione covid in Italia. “Dobbiamo contenere il più possibile, l’arma migliore è il distanziamento tra i gruppi, evitare assembramenti, indossare la mascherina”.

Sul vaccino anti-covid. “Finchè non finirà la fase 3 e ci sarà l’autorizzazione dell’Ema non possiamo parlare di vaccini. La fase 3 finirà quando raggiungeranno numeri importanti, si tratta di fare una sperimentazione su 200mila persone e poi valutare tutti i dati. Negli Usa la sperimentazione sul vaccino di Oxford è stata sospesa dopo aventi avversi, in Europa invece è ripartita. Ad ogni modo sono fiducioso perché abbiamo almeno 15 vaccini candidati. Il problema è capire quanto dura la risposta che il vaccino innesca. In Cina i colleghi continuano a lavorare, a produrre molte ricerche su farmaci e vaccini, fanno tantissime pubblicazioni”.

Sulle reinfezioni. “Non sono molto comuni. Bisogna verificare, alcuni potrebbero essere pazienti non guariti completamente, che magari avevano ancora tracce di virus nel sangue”.