Aldo Maria Cursano, vicepresidente vicario di Fipe – Federazione italiana pubblici esercizi – Confcommercio, è intervenuto ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta”, condotta dal direttore Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus.

Sulle restrizioni per bar e ristoranti in arrivo con il nuovo dpcm

“E’ facile parlare, decidere, giudicare quando si ha uno stipendio a prescindere a fine mese –ha affermato Cursano-. Quando si vive e si muore di lavoro, queste considerazioni sulla nostra vita, sulle nostre aziende, ci fanno profondamente male. Il momento è complesso, ci vuole senso della misura e di grande responsabilità. Noi abbiamo una rete di pubblici esercizi che rispondo ad un’esigenza di socialità. Questa rete ha investito nel distanziamento, nella sanificazione, quindi è una risorsa del Paese nel cercare di ridistribuire questa domanda di socialità. Parliamo di oltre 300mila persone, 1 milione e 200mila di addetti e queste cose buttate lì dal politico di turno, dall’improvvisazione di turno, fa male. Questo poi non risolve il problema, lo sposta, perché i ragazzi si spostano, non li mandi a letto alle 24. Noi non viviamo di mancette o sussidi, vogliamo essere messi nelle condizioni di lavorare in sicurezza, il nostro mestiere è cercare di far stare bene le persone altrimenti non faremmo questo lavoro, faremmo i becchini. Anziché come una risorsa veniamo visti come un problema. Anziché chiudere, bisognerebbe aprire altri pubblici esercizi per distribuire meglio le persone e controllare meglio che le misure di sicurezza vengano rispettate. Ormai si è creato un sistema di rispetto del lavoro degli altri che l’ingresso nelle nostre attività è sempre corretto, cosa che invece non c’è nelle piazze, dove i ragazzi fanno gruppo e osano. Ecco perché dovremmo vietare quei tipi di assembramenti. Bisogna condividere la responsabilità, non spostarla o pensare che ragazzi di 18 anni vadano a letto a mezzanotte. Il nostro settore sta morendo, questo sarebbe il colpo di grazia. Mentre col virus si rischia di more, con queste misure si muore sicuramente. Più c’è il sentimento della paura meno c’è la predisposizione all’acquisto e alla condivisione, lo stile italiano è centrato sull’emozionalità. E’ come quando la squadra della città vince vanno tutti al bar a fare colazione e a condividere la gioia con gli altri, quando perde invece si vedono meno persone.