Il secondo classificato di Venezia77 è Nuevo orden di Michel Franco, che immagina il suo Messico alle prese con un futuro dispotico dove il conflitto sociale ha raggiunto un nuovo grado d’intensità.
A Città del Messico scoppiano scontri e rivolte, l’eterna lotta che vede contrapporsi ricchi e poveri è a livelli di crisi. Mentre i Novelo celebrano il matrimonio della figlia Marianne, un gruppo di rivoltosi armati fa irruzione nella villa di famiglia generando scompiglio, morte e distruzione, complici parte dei domestici. Ma a Marianne, salvatasi miracolosamente, spetta un destino ben peggiore: rapita dalle milizie rivoluzionarie viene tenuta in ostaggio e brutalmente torturata in attesa del riscatto.
Un “nuovo ordine” profetico nel portare sul grande schermo lo scontro tra classi nella sua forma più violenta, che vorrebbe inserirsi nel solco del premiato Parasite. A differenza del regista sud coreano, Franco però nega al suo film la giusta profondità, lasciando lo spettatore alle prese con un conflitto che resta esclusivamente sul piano fisico. Manca una vera visione, in grado di elevare lo scontro ad un livello superiore.
Non c’è contrapposizione ideologica tra i due blocchi – solo violenza – né viene fornita al pubblico una chiave di lettura per scorgere nella pellicola altro da ciò che è realmente. Il nuovo ordine di Michel Franco non è che immagini di violenza che affollano lo schermo per i quasi novanta minuti. Il monito – che non manca di trasparire in ogni scena – è che se non debitamente affrontate le disparità esplodono in moti violenti, le classi più disagiate sono pronte a rovesciare il potere per restituirne lo scettro a milizie e gruppi paramilitari anche ben peggiori dei regimi precedenti.
Un racconto intenso e verosimile, ma orfano di qualsiasi suggestione cinematografica non può che limitarsi a scalfire la superficie di una questione tanto profonda, indagarne gli effetti ma non le cause. Avarizia, vendetta, odio sociale, sono questi gli unici temi che animano le violenze raccontate da Franco? Si perché l’unico elemento di potenziale astrazione della storia, la vernice verde insegna dei rivoltosi, non decolla e cade nel dimenticatoio dopo il primo quarto d’ora.
Gran premio della giuria, Nuevo orden si prefigge di esplorare le disuguaglianze sociali, ma l’indagine si ferma ancora prima di iniziare, soffocata dalla rappresentazione documentaristica di dinamiche ben note. Peccato.