Matteo Orfini, deputato del PD, è intervenuto ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta”, condotta dal direttore Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus.

Sul referendum

“Una larghissima parte, credo maggioritaria, dei nostri militanti e dei nostri elettori voterà no –ha affermato Orfini-. Basta andare a parlare con la gente e si percepisce che tanti dei nostri votano no perché non capiscono le ragioni di quella riforma. Credo poi che ci sia una questione di identità e di rispetto della storia del PD. Quel taglio, che non è una riforma è un taglio secco, è argomento dai 5 Stelle con quel qualunquismo anti politico, quella volontà di smontare la democrazia rappresentativa che a noi non appartiene. Noi siamo sempre stati dall’altra parte, la nostra cultura politica non può sposare un’impostazione come quella. Non è un caso che i fondatori del PD Prodi e Veltroni hanno detto che voteranno no, dimostrando che non è il capriccio di qualcuno quel no, è il segno del profondo disagio che c’è nel nostro popolo. Con quel taglio sarà molto più complicato per il cittadino avere un rapporto diretto con le istituzioni, col parlamento, sarà molto più difficile trovare un parlamentare che difenderà i lavoratori quando chiuderà una fabbrica o un ospedale. E per l’ennesima volta vivremo un momento di delegittimazione della politica. E’ un processo iniziato molti anni fa, quando io andavo all’università e si diceva che erano tutti corrotti, tutti casta. Abbiamo delegittimato prima la politica, poi i partiti, poi le istituzioni, ora abbiamo cominciato con la scienza e si finisce a sostenere che il covid non esiste, questa crisi va fermata. Questo è iniziato molto prima che arrivasse il M5S, che è un sintomo non una causa. Questa crisi è dovuta sicuramente all’incapacità di riformarsi delle istituzioni, però anche dal fatto che ci sono stati tanti che al gioco della demolizione delle istituzioni hanno partecipato. Noi veniamo da mesi difficilissimi in cui si è ricominciato a comprendere quanto sia importante il ruolo dello Stato e delle istituzioni. Quando si demoliscono le istituzioni e quando si delegittima lo Stato poi ci sono altre forze, altri poteri che ovviamente giocano un ruolo maggiore”.

Sull’accordo Pd-M5S

“I 5 Stelle posero come condizione iniziale per la nascita del governo il taglio dei parlamentari, però quel taglio nell’accordo di governo si immaginò di accompagnarlo ad un’altra serie di riforme come la legge elettorale, in modo che fosse una soluzione accettabile anche per noi. Il problema è che dopo un anno nessuno di tutti quegli impegni è stato mantenuto. Problema nel problema, gli argomenti e la propaganda con cui si sta cercando di vincere questo referendum. Quando giro per Roma e vedo gli autobus dell’Atac con un’enorme poltrona tagliata in due, capisco qual è l’approccio. Quando si usa l’argomento del risparmio, che è ridicolo perché risparmiamo un caffè a testa all’anno, è un principio culturale che io non sopporto perché la democrazia ha un costo. Allora aboliamo le elezioni che costano tantissimo, è una china molto pericolosa che va contrastata prima di tutto culturalmente. Vedo concretissimo il rischio che il PD possa farsi consumare l’anima dal M5S, non possiamo far passare l’idea che per un patto di governo si sacrifichi tutto. Siamo troppo arrendevoli. Ad esempio, dopo giorni e giorni in mezzo al mare c’è ancora l’Open Arms, come ai tempi di Salvini. I Decreti sicurezza sono sempre lì. Forse c’è bisogno che dalla settimana prossima il PD ritrovi un po’ di coraggio nelle proprie azioni, come abbiamo fatto sull’Europa e come dovremmo fare col Mes, perché non utilizzare quelle risorse per rafforzare la sanità pubblica è demenziale non farlo. Noi stiamo sicuramente giocando un ruolo rilevante nel Paese, siamo l’unica vera alternativa alla vittoria della destra. Il problema è che quell’alternativa è più forte anche elettoralmente nel momento in cui è più chiaro il suo profilo identitario, su alcune di queste battaglie possiamo fare di più, essere più aggressivi. Questo è un governo di larghe intese, non credo che il M5S sia una forza di centrosinistra, per alcuni aspetti come l’immigrazione penso che sia molto più vicino al centrodestra. E’ molto lontano da noi sulla visione giustizialista, c’è un populismo penale abbastanza radicato nella loro cultura politica. Per come è oggi il Movimento è difficile per me pensare ad un’alleanza strategica, tanto che poi si misura a livello locale dove non sono stati ottenuti buoni risultati”.

Su Roma

“Roma è importante perché è Roma, è la più importante delle sfide oggettivamente. Io credo che il Pd a Roma debba prendere consapevolezza della propria forza. Il Pd a Roma è sopra la media nazionale del PD, c’è una classe dirigente stimata in tutta Europa. C’è bisogno che si fissi la data delle primarie, si inizi un percorso di coinvolgimento della città e si sciolga poi il nodo delle candidature. Io credo che serva un nome di grande livello nazionale e internazionale, ho letto che Zingaretti ha detto di averlo, attendiamo che ce lo comunichi. Dopodichè a Roma l’avversario è la destra, non la Raggi, la Raggi ormai è il passato della città non è il futuro”.