Digital divide: è domanda d’esame per gli studenti e specchio dei disagi socio-economici italiani. Ai tempi del Covid il divario tra chi sa usare il digitale e chi, pur essendo connesso, non lo sa fare è ulteriormente aumentato. “La digitalizzazione forzata ha fatto fare un passo avanti al Paese, ma ha incrementato le disparità tra le persone – ha detto Daniele Chieffi esperto di comunicazione e autore, de “La reputazione ai tempi dell’infosfera”, Franco Angeli Edizioni – è impellente la necessità di un intervento.”

Necessaria una incisiva operazione culturale

Nel nostro Paese, “la percentuale delle persone che pur essendo connesse non sa usare internet è tra le più alte in assoluto – ha aggiunto Chieffi – siamo alle posizioni più basse della classifica dei Paesi meno tecnologici. Una buona operazione culturale può aiutare a recuperare chi è in ritardo.”

Aspetti strutturali e quello culturali

Digital divide: è un fenomeno che potremmo definire attraverso due diversi aspetti, “quello strutturale, dato dall’accesso ai device, e alle infrastrutture di rete, che permettono la connessione ad internet e quello culturale, cioè dato dalla capacità di utilizzare determinati dispositivi – ha sottolineato Chieffi – si tratta di due mondi diversi, spesso intrecciati, inabilitanti, rispetto all’entrata in sinergia dell’opportunità digitale.”

La situazione italiana

I bonus per pc e tablet rappresentano una buon avvicinamento al digitale. “Rendere più semplice l’erogazione di contributi, e l’accesso, migliorerebbe lo stato attuale delle cose. In Italia, non c’è una divisione netta tra Nord e Sud, il problema infatti non è soltanto il Sud: la Calabria e la Campania sono le principali produttrici di start-up innovative. La questione ha a che fare con la frammentazione del territorio. Esiste un mezzogiorno anche in Lombardia e in Trentino – si è congedato così Chieffi su Radio Cusano Campus, a Tutto in Famiglia – questa distribuzione a macchia di leopardo non permette di intervenire su un area specifica. “

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