Si è conclusa nei giorni scorsi la consultazione sul parere dell’Echa, l’agenzia europea dei chimici, che ha visto coinvolte associazioni di categoria dell’industria chimica e cosmetica per la questione dell’utilizzo delle microplastiche in cosmetici e detergenti. Nonostante i dubbi degli esperti Ue, il divieto sull’utilizzo delle microplastiche in cosmetici e detergenti, annunciato nel 2018 e che dovrebbe diventare legge nel 2022, non scatterà prima del 2030.

Le critiche alla decisione

“Con l’intervento delle lobby”, si legge in una dettagliata analisi pubblicata sul blog dello European Environmental Bureau “quando il regolamento entrerà in vigore nel 2022 l’unico miglioramento immediato sarà il divieto delle microperle nei cosmetici che il settore si è già impegnato a eliminare”.

“Così – prosegue il blog – nel 2022 il regolamento affronterà solo lo 0,2% delle microplastiche disperse nell’ambiente. Questo ritmo lento significa che l’iniziativa dell’Ue ridurrà l’inquinamento da microplastica solo della metà nel 2028 e del 90% entro il 2030”.

Un passo indietro nella tutela dell’ambiente

Rispetto alla sua stesura originale, in cui gli esperti proponevano 4 anni per l’applicazione del divieto sui cosmetici e suggerivano di vietare le microplastiche con una dimensione minima di 1 nanometro (nm), il parere finale dell’Echa suggerisce un bando da 100 nanometri in su e la piena applicazione di alcuni divieti non prima del 2028 e nel 2030.

Secondo l’ANSA il parere, che sarà inviato alla Commissione entro dicembre, fornisce la base scientifica per la proposta di regolamento che l’Esecutivo presenterà a paesi Ue e dell’Europarlamento. Nel 2018 gli eurodeputati avevano chiesto di vietare entro il 2020 l’uso di microplastiche aggiunte intenzionalmente nei cosmetici, prodotti per la cura personale, detergenti e prodotti per la pulizia e hanno proposto norme più rigorose per i frammenti in plastica dispersi nell’ambiente da tessuti, pneumatici, vernici e mozziconi di sigarette.

Microplastiche nell’uomo

Con le otto tonnellate di plastica che ogni anno finiscono negli oceani e con le analisi su pesci, sale da cucina, acqua del rubinetto e perfino quella in bottiglia, tutti contenenti residui percentuali di microplastiche, era inevitabile che anche l’uomo non fosse coinvolto direttamente con questo materiale. Una ricerca del 2018 portata avanti da scienziati austriaci lo ha confermato: sono state trovate per la prima volta microplastiche anche nelle feci umane.
Minuscole particelle di polimeri entrate grazie alla catena alimentare, probabilmente ingerendo cibo o liquidi contenenti residui di plastica. La conclusione dei ricercatori è ancor più scioccante, anche se deve essere verificata con studi su larga scala: “Le microplastiche potrebbero essere presenti nel 50% della popolazione mondiale”.
Lo studio è stato effettuato dai ricercatori dell’Agenzia dell’Ambiente austriaca su un piccolo gruppo di otto partecipanti provenienti da Europa, Giappone e Russia. Nelle feci di tutti coloro che sono stati esaminati sono state trovate particelle di microplastiche: ben nove tipi diversi di polimeri su dieci varietà testate. Le più comuni? Polipropilene e polietilene tereftalato. Le dimensioni delle particelle andavano da 50 a 500 micrometri.