La natura durante il lockdown si è ripresa i suoi spazi, quegli spazi che l’uomo, con il suo intervento, per anni le ha tolto. Gli animali e le piante si sono riappropriati dei luoghi più adatti a loro, nelle grandi città lo spettacolo che la natura ha regalato ai suoi abitanti è stato sorprendente. I mari hanno respirato e non hanno più mangiato le “schifezze” che l’uomo scarica nelle loro acque.

Coronavirus e inquinamento

Quasi quasi eravamo sulla via giusta per restituire all’ambiente quello che merita, innanzitutto il rispetto. Forse ci siamo fermati troppo presto e il Coronavirus ci ha messo del suo. I mari e gli oceani hanno trovato altri nemici, non solo bottiglie, buste di plastica, pneumatici, rifiuti di ogni tipo, scarichi nocivi, ora a inquinare le acque sono anche mascherine e guanti che finiscono nelle reti da pesca.

I pescatori italiani lanciano l’allarme

Fedraghipesca Confcooperative ha raccolto le segnalazioni dei pescatori lungo le coste italiane e ha denunciato il danno ambientale. I dispositivi di protezione individuale peggiorano una situazione già grave per i mari italiani dove ogni anno, ricorda Fedraghipesca, finiscono otto milioni di tonnellate di plastica. I pescatori italiani lanciano l’allarme e chiedono che venga trovata subito una soluzione.

L’iniziativa in Thaliandia

Alcuni thaliandesi stanno ricavando mascherine proprio dal riciclo delle reti da pesca, uno dei rifiuti più diffusi negli oceani. Un’idea che potrebbe prendere piede anche in Italia.