Dopo oltre 70 giorni termina la “quarantena” Unicusano. L’unità operativa d’emergenza, insediatasi il 9 marzo scorso all’interno del campus universitario per garantire costantemente i servizi didattici e amministrativi ad oltre 30mila studenti, venerdì ha lasciato la struttura per far ritorno alla propria abitazione. Ecco le testimonianze.
Team Unicusano
Un passo indietro.
Durante la diffusione di Covid-19, l’Ateneo romano è stato tra i primi ad attivarsi prontamente e a fornire tutti i servizi online, compresi gli esami e sedute di laurea. Contemporaneamente sono state attivate anche tutte le procedure per lo smart working. Ma Unicusano non si è fermata a questo. Un team di dipendenti si è insediato nel campus di via Don Carlo Gnocchi per evitare eventuali disservizi e soprattutto per contribuire al miglior funzionamento del sistema universitario; una vera e propria “unità operativa d’emergenza” così come è stata definita dai più.
Una notizia bella, ripresa anche da molti quotidiani locali e nazionali.
Un ringraziamento particolare, oggi, va a tutti i docenti, i dipendenti, la dirigenza, la proprietà, per il nobile sacrificio in nome del bene collettivo. Ognuno di noi, infatti, è responsabile nei confronti dell’altro. Piccoli gesti tangibili per un sostegno concreto, per un futuro migliore.
Quarantena Unicusano: le testimonianze
Abbiamo chiesto ad alcuni dipendenti, appartenenti all’unità operativa d’emergenza, come hanno vissuto in primis la quarantena Unicusano e il loro successivo rientro a casa.
Marta Modugno, Assistente Presidenza CdA: “un’esperienza di forte impatto emotivo, soprattutto il primo mese in cui siamo stati 3 metri di distanza l’uno dall’altro perché nessuno aveva la certezza di essere immune al virus. Poi successivamente le distanze si sono leggermente ridotte, ma la convivenza ha avuto i suoi alti e bassi – come normale che sia. È stato impegnativo perché pur avendo grandi spazi a disposizione (palestra, parco, ecc) sono mancati gli affetti, mi è mancato poter abbracciare mio figlio. 73 giorni lontani, non è stato semplice per nessuno di noi due. Ciò che ci ha spronato è stato l’appoggio e la gratitudine della proprietà per il nostro servizio ed impegno. Mi piace pensare proprio che il nostro sacrificio sia stato fatto per un bene comune perché la nostra azienda è andata avanti e ha sostenuto tutte le famiglie e i dipendenti coinvolti senza mai mollare. Potrei ripetere questa quarantena Unicusano grazie a questa consapevolezza e al sostegno dei familiari e dei colleghi.”
Marco Valeri, Docente: “Siamo contenti di aver supportato la continuità della didattica per il nostro Ateneo e di aver permesso lo svolgimento di tante altre attività senza difficoltà e ritardi. La nostra Università ha avuto un ruolo fondamentale in un momento di crisi come quello che stiamo in parte vivendo. Ancora una volta la metodologia didattica si è rivelata strategica: lo dimostra anche la soddisfazione dei nostri studenti. Cosa mi è mancato di più in questi 74 giorni? GUIDARE! Anche il traffico romano del GRA mi è mancato, traffico che speravo di beccare all’uscita dalla quarantena Unicusano, ma non è stato così…”
Pietro Dipalo, IT Manager:“I 70 giorni nel campus li ho vissuti bene perché la proprietà non ci ha fatto mancare nulla, anche se in realtà avevamo la percezione di lavorare h24 perché frequentavamo sempre gli stessi luoghi, sempre le stesse persone…e alla fine subentra l’abitudine e la monotonia. Le settimane più dure: la prima, per il distacco dalla famiglia e per l’incertezza e la paura di ciò che sarebbe accaduto, e l’ultima perché non vedevamo l’ora di tornare a casa ed ogni giorno sembrava infinito. La cosa che mi è mancata di più: i baci e gli abbracci di mia moglie e dei miei figli.”
Manuel Plazza, Consulente Orientamento: “Non posso lamentarmi della quarantena Unicusano perché abbiamo avuto quasi tutto dall’azienda. A nostra disposizione: mensa, bar, stanze da letto, etc. Da una parte è stata un po’ “pesante” perché dopo 75 giorni l’unica cosa che volevo fare era uscire e tornare a casa o comunque tornare ad una vita semi normale. Comunque l’esperienza è stata formativa sia a livello lavorativo sia a livello personale e umano. Abbiamo lavorato tanto e abbiamo permesso a tanti colleghi di lavorare da casa senza nessun intoppo. E venerdì sera la prima cosa che ho fatto è stata quella di andare a casa e ritrovare le mie prime abitudini: fare la spesa, andare al bar a prendere un caffè, cercare di uscire, sempre nei limiti del distanziamento sanitario. La sensazione era surreale, come immaginavo guardandola dalla tv o sentendo telefonicamente i miei familiari: trovare tutti o quasi tutti con la mascherina in giro per la città, distanziamenti tra le persone nei luoghi al chiuso, nuove norme da rispettare per evitare un contagio, etc.”
Storie vere e semplici, ma soprattutto storie di ordinaria bellezza. Grazie a tutti coloro che hanno contribuito e contribuiscono con professionalità e premura al successo di questo Ateneo.
***A cura di Michela Crisci***