Nell’attesa del via libera dal governo per la riapertura delle sale, ad oggi fissata per il prossimo 15 giugno, alcuni dei registi, produttori e distributori meno reticenti hanno sposato l’idea di un’alternativa digital alla proiezione cinematografica. Un’alternativa che certamente tornerà utile in caso di nuove chiusure per poter rilasciare ugualmente in tempi di Covid-19 i film previsti in uscita.

Ad aggiungersi alla pletora degli ormai tradizionali (ma nuovi) servizi streaming, da Disney a Netflix, sono alcune iniziative nate ad hoc. Tra quelle che più saltano all’occhio c’è di certo MioCinema. Nato dalla collaborazione tra Lucky Red, Circuito Cinema e MyMovies (già rodato con MyMovies Live), vorrebbe tendere una mano proprio agli esercenti affossati dal virus destinando parte del biglietto virtuale alla sale che hanno aderito in tutta Italia. La piattaforma che ospiterà prime visioni, contenuti speciali e titoli d’autore, farà il suo debutto lunedì 18 maggio con il film I Miserabili di Ladj Ly, una storia di contraddizioni che prende corpo negli scontri tra forze dell’ordine e gang di quartiere nelle banlieue di Parigi, premiato a Cannes e mai transitato nelle sale causa Covid. Altra realtà entrante è Sky PrimaFila Premiere, una nuova appendice on demand del colosso delle Pay Tv, pensata appositamente per portare i film in uscita al cinema, direttamente sugli schemi di casa. 

Detta così per i cultori della settima arte sembrerebbe una prospettiva agghiacciante. L’eventuale permanenza del servizio ad emergenza completamente rientrata darebbe un’ulteriore spinta a una tendenza già in atto ante Coronavirus: la desertificazione delle sale. C’è da augurarsi che questo non accada e invece auspicare che per il futuro si possa coltivare una comunione responsabile tra sala e digitale. Al momento, infatti, non possiamo che prendere per buona la possibilità di godere del buon cinema, prima orfano di distribuzione per l’incombere della malattia, e finanziare seppur per vie traverse il lavoro artistico che lo ha generato. Esiste, a tal proposito, uno scenario legato al mercato digitale delle opere cinematografiche addirittura peggiore del colpo di grazia ai cinema. La pirateria, un buco nero di 600 milioni di euro l’anno che inghiotte persino quel ritorno economico necessario alla sopravvivenza del settore. E già poggia i suoi artigli sui film protagonisti di questo rilancio on demand. 

Non c’è scampo neppure per Favolacce, il film dei fratelli D’Innocenzo dall’11 maggio disponibile a noleggio su vari servizi tra cui Sky Premiere a 7,99€ e purtroppo già in balia, come tanti titoli e stavolta davvero prematuramente, dei siti di streaming illegali. Un film che merita il prezzo di un biglietto, specialmente in tempi in cui tale piaga è davvero una crudeltà. Solo in parte debellata dai prezzi competitivi degli abbonamenti alle grandi piattaforme, per le piccole e medie produzioni rischia di risultare ora più che mai davvero fatale nell’assottigliamento dei profitti. Che l’emergenza Coronavirus sia la volta buona per cominciare ad affrontare seriamente il problema della pirateria? 

Fabio e Damiano D’Innocenzo, già finiti sotto i riflettori per il promettente esordio con La terra dell’abbastanza e la geniale collaborazione con Matteo Garrone nella sceneggiatura del suo Dogman, con il loro secondo film Favolacce hanno avuto la sfortuna di imbattersi nel Covid al rientro da Berlino. Ma la loro favola buia, come in molti l’hanno definita, ha trovato un parziale lieto fine raggiungendo ugualmente il grande pubblico sui divani di casa. 

Una favola che avvolge lo spettatore nelle spire della violenza verbale e psicologica, dell’ipocrisia e dei peggior sentimenti di cui può nutrirsi l’animo umano. Tutto accade in un quartiere residenziale alla periferia di Roma sud, un grappolo di case si staglia nella campagna un tempo palude. La voce narrante di Max Tortora ci introduce ai suoi abitanti, famigliole insoddisfatte che vivono nascoste sotto il paravento del perbenismo in un microcosmo avvelenato. Padri aggressivi, meschini ed egoisti, madri abbrutite da una passività consenziente nei confronti delle angherie inflitte ai figli, allo sbando ma diligenti. Bambini capaci di nascondere disagio e sofferenza sotto una maschera di apparente bravura, assorbono per covare segretamente tutta la negatività del mondo degli adulti, i loro modelli di riferimento. Assimilarla per riproporla in maniera drastica ed esasperata. 

I fratelli D’Innocenzo hanno dichiarato guerra alla famiglia, riesumando gli scheletri nell’armadio di questa eterna istituzione che in tempi di crisi sta riscoprendo invece tutta la sua centralità. La figura di genitore, il ruolo di precettore, il compito di educatore vengono messi totalmente in discussione e come in ogni capitolo che si rispetti del filone tematico che pone sotto la lente la famiglia, i bambini sono quelli che ne fanno le spese, divenendo una spietata espressione di chi li ha generati. In 98 minuti di pellicola non c’è salvezza per nessuno, né per chi resta né per chi abbandona quel microcosmo. Un film corale, tra i volti noti certamente Elio Germano e Barbara Chichiarelli, coppia di sventura con i loro due figli e Lino Musella, controverso insegnate di scuola. L’intento è che ogni personaggio partecipi alla storia come tassello di un disegno più ampio, il risultato è uno scorrere incessante di immagini che ha come unico oggetto l’umana bruttura. Un fiume in piena che non smette mai di far orrore fino all’ultimo fotogramma. 

Fotogramma per cui vale la pena pagare il biglietto.