Alessandra Agresti, la costanza e l’impegno, l’armonia e la grinta. Sul tatami come nella pittura

E’ tra i 100 Pittori della celebre Via Margutta, nota in tutto il mondo, dopo aver praticato Karate per 19 anni. Diplomata in Musica ci racconta un lungo percorso di umiltà, costruzione e ricerca degli equilibri necessari a fare, con passione, ciò che si ama. Compreso quel profondo rapporto artistico con il Teatro dell’Opera, che dura da 13 anni

Alessandra Agresti si è cimentata per 19 anni con il Karate in giro per l’Italia. E’ uno dei 100 Pittori di Via Margutta, storica associazione ben nota in tutto il mondo, per la tradizione nella qualità pittorica e nella continuità delle iniziative culturali.
Se dovessi suggerire, una volta che riprende una certa normalità nella vita e negli allenamenti, a un ragazzo o a una ragazza di fare pratica sportiva, di praticare il Karate, quali motivazioni li spingerebbero verso questa disciplina?
“E’ una disciplina fondamentale, nella vita”, afferma con grande convinzione e decisione Alessandra. “Ho iniziato giovanissima, ho avuto anche un ottimo istruttore che mi ha portato avanti. Sono arrivata alla cintura nera, ho gareggiato in tutta Italia. Come sport ti dà una ottima disciplina – nel senso più accetto del termine – e serve anche per la meditazione, anche come comportarsi nelle abitudini normali nei posti di lavoro, nei luoghi pubblici. La disciplina è importante per l’autocontrollo”.
Quando si parla di arti marziali lei preferisce fare una specifica, doverosa: “Karate per molti è sinonimo di menare o botte o cose del genere, quando non è in realtà tutto questo. C’è controllo in assoluto sia in Kumitè che nei Kata. Io ho gareggiato molto per i Kata, anche qualche combattimento ma preferivo quella parte”.
Da una parte la regola di allenarsi con serietà, con costanza, con puntualità, con tenacia e con immutato impegno; dall’altra la disciplina nel senso più regolamentare del termine. Sia sul tatami che nella vita.
“Sì, rispecchiano le due situazioni. Nella vita perché bisogna sempre avere rispetto per le persone, sempre, questa è una regola fondamentale soprattutto sul lavoro anche se purtroppo non è spesso ricambiato questo atteggiamento, che magari personalmente io adotto. E’ una mia prerogativa: essere tutta d’un pezzo comunque sempre con gentilezza ed educazione quando la realtà di oggi è improbabile, perché qualche volta devi scontrarti con alcune situazioni che non vorresti. Ma bisogna andare sempre avanti con serenità, ottimismo e, in particolare, disciplina. Perché il lavoro è anche un po’ disciplina”.
Bisogna avere personalità, grinta e allo stesso tempo la forza mentale e interna di sapersi dosare, e la stessa serenità, la stessa dolcezza, tu la utilizzi nell’arte.
“Sì, nel mio lavoro perché ho studiato, ho fatto l’Accademia delle Belle Arti, dopo il liceo artistico; mi sono specializzata in Decorazione e sono andata avanti. Ho fatto anche 10 anni di violino e mi sono diplomata, perché mio padre era musicista. Poi ho preferito il filone pittorico e artistico dove ho collaborato con scenografie di cinema, televisione, iniziando a 16 anni. Oggi mi trovo al Teatro dell’Opera di Roma, non fissa, dopo 13 anni, nel precariato ma si va avanti. Il mio ruolo è attrezzista decoratore ed è il lavoro che piace a me. L’ho scelto e non lo lascerò mai perché è vitale per me. E’ una cosa che viene da dentro, esattamente come la disciplina sportiva. Come è stato per l’Aerobica: l’ho frequentata e ho gareggiato per tanto tempo. E’ una espressione di arte, con il corpo, come con la pittura si può trasmettere questa passione. Come il canto, la musica, tutte cose artistiche che portano l’Italia in tutto il mondo”.
Lavorare amando con passione ciò che si fa…
“Sì, amo sia lo sport, iniziato da giovanissima, e non gareggio più, perché sono oltre i Senior, ma è mia volontà di ricominciare perché lo sport non si può dimenticare, è sempre con te. Magari nella vecchiaia può essere fatto con una passeggiata, con il tapis-roulant, con esercizi di mantenimento. Ci sono sempre, nella mia vita, lo sport, la cultura e l’arte: li trovo molto simili”.
Quanto ti manca il tatami?
“A me molto. Perché sono sempre stata agonista sia nell’Aerobica Sportiva che nel Karate perché è quello che ho praticato per molto tempo. Mi manca tantissimo e a volte guardo a volte le Olimpiadi o le gare minori, lo seguo sempre perché ci sono altre cose da imparare, nuove. Ci sono delle nuove tecniche che si possono usare tipo l’Aikido, ci sono altre arti come il Jujutsu. Tutte le arti marziali in generale sono magnifiche”, dice con entusiasmo”.
Nello specifico la sportiva Alessandra Agresti spiega: “Seguo queste e continuo a fare il mio perché c’è la cintura nera che ho preso ma ci sono anche i vari Dan, fino ad arrivare in vecchiaia, si può prendere la cintura che è tutta bianca. Pochi, in realtà, gente che sta in Nazionale o sono giapponesi anche cinesi, sono tra i primi istruttori di fama planetaria. Io l’ho sempre consigliato, il Karate. Ho anche amici che hanno figli, che fanno Karate, e tramite i pochi consigli che ho dato, perché la scelta poi è personale, li ho sempre indirizzati verso questa disciplina perché reputo sia importante. Il tatami mi manca molto: è rimasto il Karategi (la divisa da allenamento) ma quello rimarrà sempre”.
Delle trasferte fatte con la società sportive o individualmente, quali sono le città che ricordi con più piacere, per le sensazioni precedenti la gara e per i risultati che hai saputo ottenere?
“Ho gareggiato a Venezia e a Mestre dove sono arrivata prima e lì eravamo un bel gruppo di giovani atlete. Mi avevano proposto di entrare nella squadra della Polizia, le Fiamme Oro. Ma facendo un altro lavoro non accettai ma quella che ricordo volentieri era quella di Venezia: gareggiai con entusiasmo e buoni risultati. Fu un grande trionfo personale perché portai i Kata. Il Kata per chi non lo sapesse sono delle mosse, delle figure che rispecchiano un combattimento con un’altra persona, molto più difficile. Perché è una persona immaginaria, si devono usare delle movenze, delle tecniche, abbastanza particolari, precise, colpendo un avversario immaginario. L’allenamento, la fatica”.
Il sapersi coordinare sennò uno rischia di andare lungo…
“Sì, il sapersi coordinare. Ma per vedere dove arrivi perché sul tatami ci sono quattro giudici, laterali, che fanno un controllo e ti mettono il punteggio. Guardano la movenza, come uno interpreta il Kata. Erano abbastanza severi, anche all’epoca; l’adrenalina a duemila e devo dire che me la sono cavata sempre, fortunatamente”.
19 anni sono tanti. Molta costanza, significa.
“Sì, tutti i giorni, mi allenavo tutti, tutti i giorni nonostante lavorassi. Avevo già abbastanza impegni, a 20 anni: stavo facendo l’Accademia, c’era l’obbligo di frequenza mattina-pomeriggio, perciò mi ritagliavo sempre almeno due, tre ore di allenamento, che potevano essere di pomeriggio, la sera tardi, ed è fondamentale”.
Girando pagina i 100 Pittori di Via Margutta sono una élite di bravura, di armonia come esattamente avviene sul tatami. C’è tanto, di ciò che è insito nello sport. Che soddisfazione è stata, diversi anni fa, quando ti hanno detto: “Sei tra i 100 che possono esporre le opere pittoriche”?
“E’ un iter, una selezione che sembra così facile. Venendo dall’Accademia delle Belle Arti già passavo per Via Margutta, ammirando i pittori, come avevo un attimo di pausa. L’Accademia è una laurea e anche la sera, ci passavo. Ero affascinata dai pittori di Via Margutta, e ho sempre sognato di farne parte. C’è un iter burocratico, di scelte: ho provato più di una volta, di essere selezionata e in età un po’ più adulta mi hanno selezionato. Faccio parte degli ospiti, di Via Margutta. Mi sto addentrando piano piano tra 300 persone, e per me è una grande soddisfazione, perché la pittura è tutto, anche se si possono vendere delle opere. Ma sono lì per esporre, oltre che in tante altre mostre che si possono fare in tutta Italia. Per me era un traguardo da tanti anni e sono contenta, fiera, di partecipare, e il bello è che con il fresco si fa anche a Frascati, e magari molti non lo sanno. E’ una mostra che la propongono anche a Piazza di Spagna, con location molto diverse rispetto alla famosa Via Margutta, per motivi di troppo caldo a luglio, a giugno. Sono contentissima perché secondo me è una delle mostre più importanti di Roma e di tutto il mondo, con gente che viene dall’America, dal Giappone, dalla Cina, dalla Russia, in tantissimi”.
Poi Alessandra dice, con il sorriso: “Forse un po’ meno dall’Italia è la patria della cultura ma siamo molto più apprezzati più all’estero, lo devo dire, sinceramente”.
Però Via Margutta ha sempre rappresentato una gran tradizione anche per quei turisti che venivano a Roma volendoci passare, dicendo “facciamoci un salto”, visto che è in pieno centro, una traversa di Via del Corso. Quindi tu dici “mi dà la carica di potermi esprimere esattamente come avviene nello sport o nel ruolo di decoratrice al Teatro dell’Opera.
“Sì, precisiamo: attrezzista decoratrice. E’ un bellissimo lavoro, dove si mettono in scena le opere, si dipinge: molti non sanno ma dietro c’è un grandissimo lavoro, dato da tutti, siamo un gruppo e ognuno ha la sua mansione. Con il ferro, con il legno, con la pittura, e utilizziamo delle strutture bellissime, magnifiche, che fanno parte della scenografia. Che è molto importante. Tante persone non sanno ma noi dietro le quinte non siamo molto menzionati: uno vede la scena, la vede bellissima, assieme alla musica, ai ballerini, al coro, e sono tutti quanti grandi maestranze, bravissimi. Io faccio parte dell’attrezzeria, dipingo, come ho sempre fatto in altre situazioni, e creiamo delle bellissime situazioni”.
L’attualità è però, per il mondo dello spettacolo, preoccupante.
“Peccato che adesso con il coronavirus…”.
Ora ci arriviamo. Tu hai lavorato anche in televisione.
“Sì, nelle scenografie, a Roma, Milano, Firenze”.
Con La7?
“Sì, con La7 e con la RAI. Perché ho avuto una mia piccola ditta che si chiama
Montavo dei miei lavori in prima persona con un’altra dipendente, eravamo in due. Tra le scenografie abbiamo anche realizzato le scatole di “Affari tuoi”, le facevo io, tutte a mano. Oltre a statue, sculture, pitture, fondali, e tutto il resto. Ho avuto questa fortuna per un po’ di tempo, sia nel cinema che in teatro come in televisione”.
Quindi tra lo sport e il lavoro hai avuto la possibilità di metterti in discussione tutti i giorni. Chiudiamo con due considerazioni. A che punto è, la situazione al Teatro dell’Opera? Vi hanno dato dei parametri? Quando ricominciate, a Roma?
“Se ti posso dire a oggi sono una sorta di fissa però sono una precaria, il contratto mi scade dopo 13 anni il 5 luglio ma a tuttora non ne sappiamo niente. Bisogna aspettare le comunicazioni che ci daranno. Sono fiduciosa perché il Teatro dell’Opera è una grandissima azienda, che produce tantissimo”.
C’è bisogno, di ARTE, parliamoci chiaro…
“C’è bisogno di ARTE, io sono innamorata del teatro, in generale, perché vengo da una famiglia di artisti. Mio padre era un primo corno al Teatro dell’Opera, al Teatro Massimo di Palermo, è stato anche un Maestro al Conservatorio di Santa Cecilia!”.
Che è famosa come il Madison Square Garden per lo SPORT, per chi non seguisse la Musica Classica.
“Benissimo, ci capiamo. Io porto avanti in maniera a volte molto sofferta questa mia situazione perché ci troviamo ancora così, in precarietà”.
Tutti quanti i lavoratori del Teatro dell’Opera, è chiaro.
“Sì, fino a che starò sulla Terra continuerò a coltivare lo sport che amo, e soprattutto il mio lavoro perché non me lo leverà nessuno”.
Chiudiamo con il sorriso, Alessandra Agresti.
“Sempre, sempre. Quello è il mio motto. Bisogna essere positivi”.
Possiamo dire che per me è la Pallacanestro, per i nostri ospiti, tra poco saranno Scherma (Montano) e Pallanuoto (Rudic), tra poco. Per te il Karate è come per i Carabinieri la frase “Nei secoli fedele”. Si può dire?
“Sì per me sì, sempre. Quando c’è l’imprinting da bambina, è anche un po’ come per le ballerine. Scegli la strada. Per esempio noi al Teatro dell’Opera abbiamo un corpo di ballo fatto da elementi fantastici: scegli un sport, una professione, come la Danza, la porti fino a che rimani sulla Terra. I ballerini si allenano tutti i giorni come chi fa Karate agonisticamente, qualsiasi tipo di sport. E’ una ragione di vita, non si può dimenticare. Si continua anche a livello amatoriale, ugualmente, perché lo sport veramente, è vita. Per me lo è stato. Sono sempre stata grata, a tante situazioni, che mi sono capitate, con lo sport, devo essere sincera. Per un periodo ho anche lavorato per alcune palestre di Roma, parecchi anni”.