Doriana Laraia, giornalista del TG2, ricorda gli inizi con l’Atletica, Franco Lauro e il conterraneo Donato Sabia
Già radiocronista sportiva di “Tutto il Calcio minuto per minuto” la collega di Mamma RAI è intervenuta con una squisita dose di sensibilità al cospetto di questo difficilissimo periodo. Parlando del lavoro da fare tramite lo smart working
Doriana Laraia, giornalista sportiva del telegiornale di RAI 2, è intervenuta ai microfoni di Radio Cusano Campus. Con lei abbiamo parlato della prematura scomparsa di Franco Lauro, della situazione dell’azienda di Stato, di Donato Sabia, venuto a mancare di recente, e proveniente dalla Basilicata.
“Il mezzo radiofonico è bellissimo, ribadiamolo”. Esordisce così, una delle voci già di “Tutto il Calcio Minuto per Minuto”, ora impegnata con Rai Sport.
Senza necessariamente toccare le corde dei sentimenti vorremmo chiederle un ricordo di Franco Lauro come persona, visto l’evidente livello professionale rappresentato.
“Un ricordo che possiamo dire è molto triste, e le parole sono ancora di sgomento: l’evento è successo cinque giorni fa. Grandissimo dolore dello sport, della RAI e non solo. Perché era una persona di grande gentilezza, di grande sensibilità; davvero Franco Lauro non era mai scontroso coi colleghi, parlo della mia esperienza personale. Sempre sorridente, sempre gentile quando ci salutavamo all’ingresso o all’uscita della RAI. E’ chiaro che tutti lo ricordano come voce del Basket ma poi anche del Calcio. Lui era un collega della RAI da lunghissimo tempo, addirittura dal 1984. Nel basket aveva cominciato a bordo campo perché la prima voce era affidata a un altro grandissimo collega, Gianni Decleva. E’ stato sempre un amico oltre che collega. Ecco perché mi ha lasciato sconvolta, questa notizia, peraltro improvvisa”.
Una considerazione figlia dei tempi che viviamo.
“Diciamo la verità: appena è arrivata la notizia tutti in redazione si chiedevano: ma è morto di coronavirus? La prima cosa che tutti hanno chiesto. E invece no: è morto all’improvviso, per un malore che ci ha lasciato davvero tutti, tutti sgomenti. Un uomo e un collega, perché poi è difficile, scindere le due figure, sempre entusiasta, sempre con la voglia di chiacchierare. Era un grande appassionato di sport, era un generoso. Gli piaceva molto parlare, raccontare, e una persona estremamente preparata, oltre che di grande passione. Questo suo entusiasmo era molto contagioso. Ci chiediamo ancora come è possibile?”.
Sul piano umano Doriana Laraia dice: “Non ho mai visto Franco Lauro triste. Sicuramente aveva i suoi problemi e le sue tristezze però era sempre sorridente. Questo direi che è un bel ricordo, di questo collega”.
Lei come esperienze professionali viene dall’Atletica Leggera e dal Tennis. Diciamo che la fortuna di chi ha praticato sport come lei e tanti colleghi di RadioRai è quello di continuare il percorso per esempio di Paolo Valenti, che era specializzato in più discipline. Qual è lo sport che le ha creato qualche difficoltà in più, nel lavoro? C’è una disciplina che l’ha fatta tribolare, l’ha messa sul “chi va là”?
“Più che difficoltà diciamo quelle normali di un mondo del lavoro quando si andava in giro per la radio, quelle tecniche, non essendo io tecnologica. Era un vero problema attaccare la postazione. Più di quelle intrinseche all’Atletica, quando ero impegnata nelle radiocronache insieme al grandissimo Gianni Decleva. L’Atletica è davvero uno sport difficile da commentare perché bisogna conoscere migliaia e migliaia di atleti, quando si commentano le Olimpiadi e i Mondiali; si ha a che fare con migliaia e migliaia di atleti. Non parliamo di discipline che hanno pochi paesi, nelle quali partecipano una trentina al massimo tipo la Scherma; non il Nuoto, che ne ha di più. L’Atletica ha affiliate più di 200 federazioni”.
Tutto il pianeta, praticamente.
“Esatto”, dice, sorridendo, Doriana Laraia. “Vincono poi atleti di paesi piccolissimi che non si sa bene dove sono. Isole sperdute nell’oceano eppure hanno prodotto dei campioni di velocità grandissimi. Qui bisogna conoscere migliaia di atleti, parlare di migliaia di atleti non solo dal punto di vista tecnico ma anche umano; un po’ la storia, di tutti gli atleti. E poi soprattutto la difficoltà tecnica nel commentare tante gare contemporaneamente. Ecco perché è difficile non essere in 2, in postazione, perché non si possono avere 300 occhi. Occorre guardare tante discipline allo stesso tempo. Questa è una sorta di difficoltà intrinseca alla disciplina”.
Se nel Canottaggio i fratelli Abbagnale sono un simbolo, in televisione i loro emuli nel racconto dell’Atletica Leggera sono stati Franco Bragagna e Monetti…
“Il grande Bragagna è stato affiancato per tantissimi anni da Monetti, che faceva il commento tecnico. Ma ora la televisione si avvale nelle telecronache, oltreché di Bragagna, di tanti commentatori tecnici che vengono dal mondo dell’Atletica. O ex allenatori o ex atleti come può essere uno Stefano Tilli in fatto di velocità”.
La RAI come si è organizzata, di fronte a questa emergenza come impostazione e lavoro?
“Ci sono alcuni colleghi che lavorano in smart working, da casa, anche se questo è un po’ difficile. Anche se la presenza, la partecipazione in redazione è più comoda, possiamo dire così, perché hai a disposizione tutto: documenti, carte. Da questo punto di vista voglio ricordare che Franco Lauro non si era messo in smart working, ed è una cosa che mi piace sottolineare. Quindi veniva sempre in redazione a Rai Sport. Molti lavorano da lontano e purtroppo le interviste le realizziamo tramite il telefonino, il computer, l’Ipad”.
Tipo Skype…
“Sì, questi metodi per farle comunque ma purtroppo da lontano. E non vediamo l’ora di tornare a fare interviste da vicino. Poi per il resto tutto come prima dal punto di vista tecnico”.
Domenica scorsa in maniera, anche se vuole un po’ ruvida, Nicola Pietrangeli si è schierato duramente, contro il Calcio. Due giorni dopo anche Federica Pellegrini. Un ulteriore giorno dopo Malagò ha dato ragione alla Pellegrini, che è stata anche sua atleta. E’ proprio necessario che questa nazione non faccia a meno del Calcio, per un tot di mesi, finché non siamo tutti al sicuro?
“Non è che la Pellegrini si sia schierata contro il Calcio. Ha semplicemente detto “Si parla solo di Calcio” e poco degli altri sport. In realtà io sono una che tenta sempre, di parlare anche degli altri sport. Non fosse altro perché vengo, dagli altri sport, l’Atletica prima di tutti. Però è chiaro che il Calcio è una voce del bilancio addirittura del nostro paese. E’ logico che ha un’attenzione più particolare, in questo momento. Ritengo, ma la mia è un’opinione personale, che il nemico invisibile sia ancora là fuori quindi non ci deve essere nessun calo di attenzione anzi grandissima cautela. Certo, non tutti sono favorevoli, alla ripresa della Serie A e il perché facilmente comprensibile. Lo aveva sottolineato anche l’infettivologo Professor Rezza. Il Calcio è uno sport di contatto ed è chiaro che in questo momento il contatto ancora spaventa”.
Quindi?
“Ci sono delle linee-guida che i medici del Calcio hanno messo a punto nel caso in cui si dovesse riprendere; e cioè bisognerebbe individuare un numero preciso di calciatori, dello staff tecnico, di dirigenti e medici. Sempre quel gruppo che dovrebbe rimanere comunque isolato dal resto della società, monitorato continuamente. Mi permetterei di dire che gli esami servono tantissimo fuori dal mondo del Calcio e i continui tamponi ai calciatori, come cosa, mi lascia un po’ perplessa. Però certamente la palla a questo punto passa alla politica. Questo protocollo studiato dai medici della Federcalcio è arrivato sulla scrivania dei ministri dello Sport Spadafora e della Salute Speranza e per la ripresa in sicurezza si parlerà proprio in questa settimana, che sarà decisiva, degli allenamenti, perché parliamo solo di quelli dopo il 4 maggio. Poi eventualmente si riparlerà della ripresa del campionato fra il 31 maggio e l’inizio di giugno”.
Un ricordo sul finire dell’intervista è stato dedicato da chi, come la collega RAI, è di origine lucana, e viene dall’Atletica Leggera, praticata e raccontata: Donato Sabia, scomparso di recente appena dopo il padre.
Se non ricordo male lei è lucana, giusto?
“Sì, non ricorda male”.
In questo periodo nefasto è venuto a mancare un grande atleta qual è stato Donato Sabia…
“Non ne parliamo, questa è una vera tristezza, grandissima. Donato, lui sì grandissimo fondista, 5° alle Olimpiadi di Los Angeles negli 800 e 7° a Seul (1988) nella stessa gara. Un grandissimo atleta. Lui sì che è morto di coronavirus, aveva 58 anni, come Franco Lauro anche se lui è morto di coronavirus. Ed è morto dopo una settimana dal padre che aveva assistito, era stato molto a contatto con il padre. Evidentemente aveva preso anche lui una forma violenta, una grande carica virologica”.
Possiamo dire per amore?
“E’ vero. Donato è morto per amore”.
Quando uno restituisce ai genitori e ai parenti più stretti una piccola parte dell’immenso amore che ci hanno dato si corrono poi dei rischi che l’amore può costare, fuori corsia.
“Purtroppo il rischio è stato enorme e Donato non ce l’ha fatta. E io conoscevo Donato da quando era piccolo, e tutto sommato l’Atletica della Basilicata l’ho fatta e conosco tutto l’ambiente e lo conoscevo benissimo. Eravamo gli unici lucani alle Olimpiadi di Los Angeles: io per lavoro e lui, a correre, sulla pista”.
Che non è una piccolo particolare, se conosco un po’ l’orgoglio della vostra splendida terra!
“Grazie. Mi piacciono queste parole. Ricordo Donato con grandissimo affetto”.