Il ministro dell’agricoltura Teresa Bellanova, qualche giorno fa, durante una seduta in Senato, ha posto il problema della mancanza di manodopera nei campi per la raccolta di frutta e verdura.  A causa della pandemia le campagne si sono svuotate e i braccianti agricoli sono troppo pochi. Se non si interviene al più presto, il settore rischia una crisi gravissima, che danneggerebbe anche gli approvvigionamenti alimentari. La proposta dell’esponente di Italia Viva è quella di regolarizzare 600mila immigrati “spesso alla merce’ del caporalato – ha spiegato il Ministro –  che per me significa mafia”. L’idea ha trovato l’appoggio de Pd ma l’opposizione di Lega e Fratelli d’Italia che a loro volta propongono di far lavorare i percettori del reddito di cittadinanza. Yvan Sagnet, ex bracciante agricolo e fondatore dell’associazione anti caporalato No-Cap, è intervenuto ai microfoni della trasmissione “Cosa succede in città”, condotta da Emanuela Valente, su Radio Cusano Campus.

Chi è Yvan Sagnet

Yvan Sagnet è un ingegnere camerunese che nel 2011, a causa di una borsa di studio non rinnovata quando frequentava il Politecnico di Torino, s  ritrovato a lavorare nei campi, a raccogliere i pomodori, a Nardò, in provincia di Lecce. Lì Sagnet scopre il mondo del caporalato e dello sfruttamento del lavoro in agricoltura. Ha organizzato la protesta che si è trasformata in sciopero duraturo contro le inumane condizioni di lavoro nell’azienda agricola. Lo sciopero durato un mese ha portato all’introduzione del reato di caporalato e  al primo processo in Europa sulla riduzione in schiavitù, concluso con la condanna di dodici imprenditori e caporali. Oggi Sagnet è impegnato nella difesa dei diritti dei braccianti con l’associazione internazionale anti caporalato “NoCap”. Nel 2017 è stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana conferita dal Capo dello Stato Sergio Mattarella”.

Sulla proposta del ministro Bellanova

“Abbiamo un settore che ha bisogno di manodopera in questo momento, mancano all’appello lavoratori rumeni e bulgari bloccati nei loro paesi per via del Coronavirus. Noi abbiamo 600mila migranti irregolari, di cui la metà lavora in nero, l’altra metà è disposta a lavorare quindi è una proposta di buonsenso quella di regolarizzarli tutti. E sarebbe anche un bene per lo Stato regolarizzare gli immigrati e il lavoro nei campi perché tutti pagherebbero le tasse. Bisogna mettere a disposizioni di questi lavoratori, poi, degli alloggi dignitosi. Gli alloggi ci sono, ad esempio quelli confiscati alle mafie”.

Sulla proposta della Lega far lavorare italiani con i voucher

“Perché quei parlamentari che propongono di introdurre i voucher, non utilizzano i voucher per le loro collaborazioni? Se ci sono italiani o immigrati regolari che vogliono lavorare in agricoltura ben venga, ma c’è una questione di realismo. Siamo di fronte a un settore in cui vince lo sfruttamento,è un lavoro molto faticoso, pagato poco. Se si avviasse un percorso di regolarizzazione del settore agricolo, tanti italiani tornerebbero a lavorare in campagna”.