Jochen Rindt Campione del Mondo…postumo dopo il fatale incidente di Monza in cui perse la vita
Perse i genitori durante la seconda guerra mondiale, e si trasferì dai nonni a Graz, Austria, lasciando Magonza
Jochen Rindt è stato uno di quei piloti automobilistici accompagnati da evidente talento ma, come persona, purtroppo da tanta sfortuna. Nato il 18 aprile 1942 a Magonza, in Germania, nella storica città di Johannes Gutenberg, inventore della stampa al quale è intitolata l’università. Nonostante questo sarebbe diventato austriaco perché i genitori li ha persi durante un bombardamento aereo e venne adottato dai nonni, residenti a Graz.
A 19 anni il giovanotto tedesco di nascita riuscì a vendere l’azienda ricevuta dal padre in eredità comprando una Simca Monthlery per poter correre nei rally e subito appresso nel Campionato Turismo con una Giulietta.
Il debutto avvenne nel 1963 in Formula Junior risultando competitivo come altri illustri partecipanti, Jackie Stewart, uno su tutti, e Siffert. La stagione successiva approda in Formula 2, un campionato che ne esaltò valore e bravura, fino al tragico 1970, quando sarebbe morto sul circuito di Monza.
In questa categoria Jochen Rindt dimostrò tanto, per coraggio, intraprendenza, tempismo, capacità di guidare: vinse in 6 anni 45 gare!, di fronte a futuri giganti della Formula 1 del talento mondiale di Jim Clark e Graham Hill.
Nel 1964 il pilota che correva sotto la bandiera austriaca vince la competizione londinese dell’autodromo di Crystal Palace superando, nell’ordine, Clark, Hill e Stewart, che avrebbero avuto ben presto immense soddisfazioni.
Nel 1965 Rindt vince, in coppia con Masten Gregory, la celeberrima 24Ore di Le Mans, una sfida meravigliosa per costanza, tenacia e voglia di imporsi. Tutto questo acuì la sua maniera di guidare i bolidi: Jochen è stato la grinta impersonificata, non rinunciando a spettacolari parabole e a sorpassi anche difficili, da eseguire. Aveva il rispetto e la considerazione dei suoi avversari in età giovane e degli stessi quando avrebbe tentato la strada per la gloria sportiva.
Nella stessa stagione debutta in Formula 1 nel Gran Premio d’Austria, a Zeltweg, con una Brabham del presidente Rob Walker. Le qualifiche lo vedono al 13° posto ma in gara deve ritirarsi per la rottura del cambio. Si accasa con la Cooper e il suo compagno di scuderia è Bruce McLaren. L’anno dopo la società sceglie il motore della Maserati, una via prestigiosa per qualità e tecnica. Infatti va diverse volte a podio: Jochen Rindt è il 3° al mondo!
Nel 1968 diventa effettivo, della Brabham, con la quale combina pochino: qualche pole-position e alcuni giri veloci. Non è la monoposto che gli possa permettere di insidiare i più grandi. Finita un’annata problematica passa alla Lotus, di fianco a un grande già affermato, Graham Hill. A lui lo avrebbero legato due doloris episodi. Il primo: Gran Premio di Spagna, un brutto incidente nel quale l’austriaco si frattura la mascella con un’insidiosa commozione cerebrale che causò diversi problemi alla vista.
Si rimette in piedi e vince il primo Gran Premio in Inghilterra, a Watkins Glen, poco dopo che Hill si è fratturato le gambe. Una domenica da festa limitata, potremmo dire, o annullata.
Lui tuttavia fa ricredere il decano dei giornalisti inglesi, Denis Jenkinson, che gli ha attribuito di essere sì veloce ma senza “testa”. Il popolare commentatore fu costretto, per una scommessa persa, a tagliarsi la barba; cosa che avrebbe fatto nel caso in cui Jochen Rindt avesse vinto un gran premio. Accadde alla guida della Lotus, nel 1969.
Rindt nello specifico dei giri veloci ci sapeva fare. I popolari giornalisti del settore motoristico lo hanno soprannominato “Grindt” per via della determinazione e della grinta che sapeva unire a un talento di guida innato, spontaneo.
In Formula 1 Jochen Karl Rindt vinse, in totale, 6 Gran Premi dei quali i rimanenti 5 nel 1970. Arrivò in Italia che doveva correre il Gran Premio di Monza avendo un signor vantaggio nella classifica generale dei piloti. Al sabato, nelle prove, la Lotus72 urtò violentemente sul guard-rail. La vettura fu distrutta.
Jochen muore poco dopo l’incidente. Accadde di sabato, durante le qualifiche del sabato; perse il controllo della vettura appena prima della curva Parabolica, andando a urtare violentemente contro il guard-rail. La macchina si disintegrò e Rindt morì sul colpo, a causa del piantone del volante che si infilò nello sterno. La stessa sorte che sarebbe capitata a Imola al povero Senna, il 1° maggio del 1994. Il dottore che provò a soccorrere l’austriaco si rese conto dell’arresto cardiaco con il polso debolissimo: il ragazzo nato a Magonza se ne stava andando, lentamente, per le ferite al torace e alle gambe.
Quelle monoposto non avevano gli alettoni ed erano fortemente instabili, capaci di sollecitare un impatto aerodinamico non gestibile, soprattutto nel caso della parabolica di Monza sulla quale perse la vita a 28 anni questo chiaro talento motoristico, tanto bravo quanto privo di fortuna, nella vita. E ce ne vuole, in tutti i casi.
Morì nell’ambulanza che provò a portarlo al “Niguarda” di Milano.
Vennero messi sotto accusa la scuderia Lotus e Colin Chapman per l’incapacità a garantire la sicurezza delle vetture a chi le conduceva. Tra l’altro il pilota di Graz non sopportava l’impiego del casco integrale, che, diceva, limitava il campo visivo durante le corse.
A Jochen Rindt è stato assegnato il titolo di Campione del Mondo, postumo, unico, nella storia della Formula 1. E, a spezzare ogni polemica, pensò, un mese dopo, il bravo Emerson Fittipaldi. Che, vincendo il Gran Premio degli Stati Uniti, non permise a Jacky Ickx di battere Jochen in classifica.