Spyridon Louis il primo erede moderno di Filippide, nell’epica corsa dalla porta di Maratona al Panathinaikò, Atene
In principio il messaggero doveva avvertire il suo esercito, quelle ateniese, della vittoria sui Persiani, nel 490 Avanti Cristo. Poi sarebbe arrivato lui, 92 anni prima di Bordin, 108 precedentemente il nostro Baldini
E’ stato il primo eroe della Grecia di fine ‘800. Stiamo parlando del vincitore della Maratona, nella “sua” Atene, in occasione della prima edizione dei Giochi Olimpici moderni. Stiamo parlando di Spyridon Louis o Spyros Louis.
Si disse che la sua partecipazione fu del tutto casuale perché di mestiere faceva il pastore mentre ulteriori notizie lo descriverebbero anche quale portatore d’acqua. Di sicuro appartenente a una famiglia dalle ristrette condizioni economiche, facente parte di un villaggio denominato Maroussi più noto, quale sobborgo di Atene, con l’appellativo di Amarousio. Dove nasce il 12 gennaio del 1873.
Carlo Airoldi avrebbe avuto la funzione di uno dei favoriti. Il maratoneta lombardo disse che Spyros Louis era in realtà da tempo soldato dell’esercito greco proprio dopo aver abbandonato il lavoro nei campi e con gli animali. Questo perché fece il servizio di leva, l’ellenico, nel periodo che va dal 1893, ventenne, fino al 1895. L’anno dopo ci sarebbe stata la sua clamorosa performance olimpica con la vittoria nella distanza più lunga, 42 kilometri e 195 metri.
Poi partì per le guerre dei Balcani che videro la Grecia opposta alla Turchia, con il campione d’Olimpia chiamato anzi richiamato, di forza, alle armi.
Chi convinse Spyros Louis fu il Colonnello Papadiamantopoulos, che aveva organizzato proprio la maratona e conosceva la predisposizione all’atletica di fondo, il coraggio e la determinazione, la capacità di sacrificarsi, del suo soldato e subalterno. Ed ebbe, in ciò, l’occhio lungo, più di qualsiasi altro esponente dell’esercito greco.
La maratona ha una tradizione clamorosa, per il popolo greco. Perché ricorda e tuttoggi rappresenta, attraverso un evidente e prolungato sforzo fisico, muscolare, tendineo, psicologico, caratteriale, la corsa fatta dall’eroico Filippide nel 490 Avanti Cristo dalla città di Maratona all’Acropoli di Atene: tutto fu fatto per annunciare la vittoria sui Persiani. Poi lo stoico e stakanovista corridore ante literam stramazzò e perì, ricordato nei secoli, se ne stiamo parlando ancora oggi, nel 2020!
La stessa cosa si sarebbe ripetuta in ogni edizione, delle Olimpiadi. Tanto che nel 2004, quando dopo 108 anni, sono tornate nella capitale greca, il telecronista RAI Franco Bragagna e il collega Monetti urlarono, al sopraggiungere dell’italiano Stefano Baldini: “Panathinakò, così gli antichi Greci chiamavano lo stadio, con gli ultimi 195 metri”, quando apparve la sagoma del nostro meraviglioso atleta azzurro che bissò il successo di Gelindo Bordin a Seoul nel 1988!
Infatti la partenza della corsa assoluta per eccellenza avvenne ed è avvenuta, dal ponte di Maratona, fino ad arrivare nell’antico impianto nel quale i corridori devono completare un giro di pista oltre al lato sotto la tribuna centrale. Erano 40 chilometri netti e soltanto nel 1921 venne designata quale lunghezza ufficiale del percorso quella di 42 e 195 metri.
La gara si svolse il 10 aprile del 1896. Spyiridon Louis gareggiò con le scarpe ricevute in dono e dote dai suoi concittadini. A partecipare nemmeno 20 atleti tra i quali la maggior parte greci, uno statunitense, un francese, un australiano e un fondista proveniente dall’Ungheria. Furono in molti, a desistere, qualche giorno prima, vista l’eccessiva distanza rispetto a tutte le altre specialità di questo – è proprio il caso di dirlo – ritorno di fiamma. Olimpica.
La gara vide subito protagonisti i quattro atleti “forestieri”, con il francese Lermusiaux e l’australiano Flack ad alternarsi al primo posto. Si dice che il greco Spyridon avesse avuto una singolare pausa accompagnata da un bicchiere di vino! Poi chiese a quanto ammontasse il divario dicendo che avrebbe ripreso tutti. Perché i greci si erano allenati per le selezioni nazionali ed erano abituati alla fatica estrema conoscendo molto bene, peraltro, il percorso dalla porta di Maratona all’arrivo.
Infatti dopo il 30° kilometro lo sforzo dei primi venne cancellato dalla fatica. Al 33° Spyridon Louis riprende Flack, che abbandonò dopo altri 5 kilometri. Allo stadio Panathinaikò uno della staffetta delle notizie raccontava dell’australiano in testa, ma venne corretto da un “Filippide”, un ulteriore messaggero, che disse dello scatto del connazionale e del fatto che fosse rimasto in testa, da solo.
I greci presenti al Panathinaikò esplosero con la loro fragorosa gioia, all’arrivo di Spyridon Louis, con il principe Costantino e il principe Giorgio della famiglia reale ellenica che lo accompagnarono fin sulla linea del traguardo. Filippide aveva trovato il suo degno erede. Aveva percorso i 40 kilometri in 2 ore 58’ e 50”, con ben 7 minuti primi sul secondo, il favorito della vigilia, il connazionale Charilaos Vasilakos. Questi commise l’errore di farsi adulare dalla folla durante il tragitto, e perse la possibilità di lottare con il vincitore.
Terzo giunse un altro Spyridon, di cognome Belokas, che però fu squalificato per essere avvalso di un carretto per più di qualche centinaio di metri.
Per quella vittoria Spyridon Louis ebbe l’onore di fare da portabandiera in occasione dell’immediata cerimonia di chiusura delle Olimpiadi. Lui ricevette un podere regalato dalla colonia greca residente in Inghilterra e chiamato “Campo di Maratona”. E si dice che un oste lo fece pasteggiare per 10 anni senza mai chiedere il pagamento del pasto, per la grande ammirazione ricevuta.
Il Re di Grecia gli regalò un cavallo e un carretto con il quale fece ritorno ad Amarousio. Ricominciando, con una dose di umiltà non comune, l’attività di agricoltore e pastore, poi anche di poliziotto del villaggio-paese.
Spyridōn Louīs descrisse a Berlino nel 1936, in occasione delle Olimpiadi nel consegnare un ramo d’ulivo alla tribuna centrale, i festeggiamenti successivi l’arrivo ad Atene, del 1896: “Quell’ora fu qualcosa di incredibile e ancora oggi mi sembra un sogno… Da tutte le parti mi lanciavano fiori e ramoscelli d’ulivo. Tutti urlavano il mio nome e lanciavano in aria i cappelli…”.