Giovanni Licini, presidente Accademia dello sport per la solidarietà di Bergamo, è intervenuto ai microfoni della trasmissione “Cosa succede in città” condotta da Emanuela Valente. L’associazione da 16 anni, attarverso lo sport e le manifestazioni, è impegnatata nella realizzazione di progetti benefici: “Noi non diamo soldi ma compriamo quello che serve a chi ci chiede aiuto”, ha spiegato il presidente Licini.

La raccolta di 1 milione di euro per gli ospedali del territorio

“Oggi lo sport non c’è, c’è la solidarietà. Con tanti amici, imprenditori e volontari siamo riusciti a creare una rete che ci ha portato a raccogliere un milione di euro. Noi non doniamo soldi, compriamo direttamente attrezzature, così sappiamo quale sarà il risultato certo. Se fossimo passati tramite gli ospedali, con questa burocrazia, non saremmo arrivati a nulla, noi abbiamo comprato tutto immediatamente. Soprattutto in una situazione come questa ci vorrebbe meno burocrazia”.

La telefonata di ringraziamento di Salvini

“Non è tanto la telefonata, è la vicinanza di un uomo delle istituzioni che ti dà piccole soddisfazioni ma soprattutto ti dà la tenacia di continuare. Altri politici non mi hanno chiamati, ma il grazie più importante è dentro di me”.

Sui giorni dell’emergenza a Bergamo

“Vedere trasportare i nostri nonni, padri, fratelli, amici con quei camion è stata una cosa drammatica -ha affermato Licini-. Questo è un epilogo, il primo problema è stato quello degli ospedali. Con il caos che è nato in quei giorni, il personale sanitario è stato costretto a decidere se curare una persona piuttosto che un’altra. I numeri che ha dato la Protezione civile erano 3-4 volte inferiori rispetto a quelli reali. E’ stato un insieme di uragani e terremoti e il virus è un nemico invisibile, non sai neanche dov’è. La cosa più angosciante è lasciare i familiari nella sala di pronto soccorso e poi non si vedevano più. Il dramma di non aver potuto dare un saluto ai tuoi non si può spiegare. Io lavoro 18-20 ore al giorno, non c’è tempo neanche per piangere chi muore, perchè poi arrivano anche le telefonate per cercare di salvare altre vite umane, è come in guerra. A un certo punto capita che scoppi perchè non ce la fai più”.