Gianluca Tucci, Reyer Campione d’Italia di Basket, parla di Venezia e…
L’Assistant Coach di Walter De Raffaele, due scudetti negli ultimi tre anni, è intervenuto a Radio Cusano Campus e ha parlato della stupenda città della Serenissima; del suo presidente-sindaco lagunare, e degli allenamenti a distanza dei suoi cestisti
Gianluca Tucci, Assistant Coach della Reyer Venezia, la squadra campionessa d’Italia in carica nella serie A1 maschile di Pallacanestro, ci parla della Laguna, del momento per il mondo del Basket. E anche della sua città, Avellino, altra grande piazza innamorata della stessa disciplina.
Il primo pensiero, al netto dei conti che la città di Venezia deve fare con le proprie casse, è questo: rivedere anzi vedere per la prima volta l’acqua di Venezia limpida e trasparente, non dà da pensare, a quelli che la amano?
“Questo sì. E’ un argomento di grande discussione qui in laguna ultimamente. Perché nella crisi, nell’emergenza non solo sanitaria ma economica ci sono dei risvolti positivi come l’acqua puliti. Ci sono degli amici che abitano a Mestre e a Cannaregio, mi raccontano che da piccoli facevano il bagno, nei canali, 40-50 anni fa”.
Il periodo del neorealismo cinematografico e letterario.
“Pensare che negli anni ’60 e ‘70 ci si bagnasse nel canale vuol dire che c’è stata evidentemente una trasformazione veramente complessa. E’ un piacere per gli occhi per la natura. Però ci rendiamo conto che oramai Venezia non può essere una città così spenta: tutti si augurano che ripartano i flussi, l’economia. Sarà importante, tra un po’, ripartire con un occhio di riguardo per l’ambiente. E ripartire con la vita…normale”.
Non voglio tirarti per la giacchetta, Gianluca Tucci, perché il tuo presidente è anche il primo cittadino, Brugnaro. Perché non gli suggerite che le grandi navi non attraversino Venezia creando anche delle onde pericolose. Facciamo le corna: si sente male il comandante, c’è lo staff, per carità. E’ come se, nella Pallacanestro facciamo le corna anche in vostra favore, se viene espulso l’allenatore capo ce ne sono almeno due se non tre, che possono fare le sue veci. Ti assicuro che quella foto della nave gigantesca inserita in una splendida creatura di cristallo quale è Venezia, fa impressione: mi ha tolto il sonno per un paio di notti.
“La nostra, anche se io sono stato adottato in riva alla laguna, merita un’attenzione: è una città splendida, che meriterebbe e merita continuamente, un’attenzione. Brungaro è una persona che è anche proprietario, di grande umiltà, che si ferma a parlare con tutti, e ci racconta che Venezia è veramente complessa, da gestire. E’ una gestione amministrativa che non ha nessun riferimento e paragone con nessuna città italiana. Sicuramente è una situazione che va regolamentata. Esula da qualsiasi anche immaginazione del cittadino comune, quindi non è semplice, gestire il tutto”:
Quanti anni è, che sei a Venezia?
“Questo è il quarto anno, si chiude il quarto campionato”.
Quando sei arrivato eri spaventato, dalla storia della Reyer?
“No, nel senso che io sono entrato in un percorso molto chiaro, molto netto. Nel precedente gennaio Walter De Raffaele era subentrato da capo-allenatore fino a condurre la squadra alla semifinale per lo scudetto. Per lui era l’esordio ma noi siamo cresciuti nella trafila insieme. Arrivando ad Avellino in Serie A 2 insieme poi i percorsi si sono svolti in maniera diversa. E’ un amico oltre a essere un grandissimo allenatore. Che riesce a tirare fuori il meglio, dai giocatori, sia dal punto di vista psicologico che tattico”.
Gianluca Tucci prosegue nell’analisi: “Questa condivisione di tante idee tattiche è sempre stata alla base, della nostra amicizia. Il mio ingresso in Reyer è stato filtrato e avvantaggiato dalla presenza di un amico, con il quale è nata una amicizia, sul campo di Basket. E’ successa una cosa dal punto di vista emozionale importante da lì a qualche mese”.
Il racconto si fa più interessante.
L’assistant coach del club di Brugnaro dice: “Quando abbiamo giocato un campionato sempre fra le prime 4 lì e poi sono cominciati i play-off, è subentrato un senso di responsabilità di poter costruire una vittoria così di rilievo, così vicina. Perché dagli anni ’40 la Reyer non vinceva uno scudetto. Ecco, lì è stato molto emozionante. Però ci ha aiutato il fatto di aver giocato 8 mesi in un certo modo, di poter controllare come staff ciò che accadeva in campo, e tantissimo sapere di aver costruito un gruppo solido, fortissimo, dove non è il singolo, a fare la differenza”.
Tante soddisfazioni, intense, in poco tempo…
Gianluca Tucci ricorda, volentieri: “Ogni anno siamo riusciti a strappare un trofeo, in Italia o in Europa. Quando abbiamo perso una semifinale contro Tenerife in una Champions League giocata alla grande, ci siamo guardati e abbiamo riflettuto su un dato statistico molto strano. Noi saremmo stati i terzultimi o i penultimi della Serie A1 perché nel primo quarto stentavamo nell’approccio, nostro vero problema”.
E in Italia?
“Quando lo abbiamo migliorato siamo entrati nei play-off con la consapevolezza di arrivare fino in fondo. Nessuno ci faceva veramente paura, fosse Milano, Trento. Avevamo imparato a crescere nella preparazione tecnica e mentale dei primi 7-8 minuti, e non è stata una continua rincorsa. Avevamo perso gara-1 in semifinale con Avellino, gara-1 contro Trento, alle finali tricolori, poi abbiamo sempre saputo rimontare. Non abbiamo sbagliato scelte difensive né offensive. Non è mai stata in discussione, la vittoria. Quest’anno abbiamo vinto gara 5 e gara 7 dei tre turni, senza le tensioni accumulate dagli altri. Il play-off è stato veramente dominato”.
Che cosa vi siete detti, coi giocatori? Ricominciare non sarebbe nemmeno semplice?
“Sarebbe complicato ma sarebbe l’ultimo dei problemi perché, secondo il mio punto di vista, riprendere darebbe un senso di rinascita, in generale, e non solo nello sport. Ma è sempre una cosa che rimane molto complicata, e non so se ci si riuscirà. Non tocca a noi, decidere se accadrà o meno”.
“Noi, all’inizio dell’emergenza, abbiamo giocato una partita di Coppa a Brescia, che ci è valsa la qualificazione tra le prime 8: abbiamo giocato a porte chiuse, a Brescia, abbiamo vinto e ci siamo qualificati. E’ stata già quella una situazione sui generis. Non erano arbitri italiani erano arbitri della federazione internazionale. E’ stata una cosa all’inizio devastante. Gli arbitri e gli avversari che ci salutavano da lontano. E poi subito dopo l’emergenza ha fatto sì che venissero chiusi tutti i campionati. Una situazione quella precedente, stranissima e un impatto brutto, perché il nostro è uno sport di contatto”.
Quindi?
“Poi abbiamo provveduto a organizzare dei video con i preparatori atletici. I nostri sono giocatori molto legati al territorio, allo staff, al club, anche se siamo distanti fino a diversi giorni fa. Poi è evidente che dopo la chiamata di Trump a quelli residenti negli U.S.A. i quali stanno pensando di rientrare”.
Tu sei di Avellino?
“Sì, sono avellinese”.
Speriamo di riparlare presto di Pallacanestro giocata, in tutte le città innamorate di questa disciplina.
“Un abbraccio a te e grazie della chiacchierata”.