Jesse Owens 40 anni senza il tuo esempio fatto di umiltà, e voglia, tanta: di correre
Il 31 marzo del 1980 a Tucson, se ne è andato il più duraturo esempio nella storia dell’Atletica. Rovinò le Olimpiadi al più grande farabutto di sempre
40 ANNI senza Jesse Owens. Non è stato un atleta qualsiasi. E’ stato il calamaio al quale in tanti hanno attinto per l’umiltà, la voglia di superare i propri limiti e conquistare qualcosa di importante che rimanesse nella storia.
James Cleveland Owens detto Jesse se ne andò il 31 marzo del 1980, esattamente 40 anni fa, nel periodo storico di Edwin Moses, per intenderci, nei 400 metri ostacoli, e di Piero Mennea, nei 200 piani. Il mondo difficilmente ricorda grandi atleti del suo livello capaci di farsi rispettare da dirigente nella federazione di appartenenza senza elevare il tono della voce.
Era accaduto, nel 1968, che per protestare contro le diverse forme di razzismo, gli statunitensi Tommie Jet Smith e John Carlos protestassero guardando per terra, una volta sul podio dei 200 metri, vestendo guanti e calzini neri come ribellione assoluta. Una immagine che ancora oggi fa il giro del mondo, per l’impatto, per la forza, per la voglia di dire “NO” al mondo, e in collaborazione con un “bianco”, l’australiano Norman. Jesse era il rappresentante di punta della delegazione USA a Città del Messico, e il suo compito, delicatissimo, fu quello di proteggere quei due strepitosi atleti, chiamati a rappresentare le genti di colore grazie alla fama che una Olimpiade riscuoteva sul piano della diffusione in tutto il globo terrestre.
A maggior ragione per i due ragazzotti a stelle e strisce, che avevano preso l’oro e il bronzo in una delle gare più affascinanti, tra quelle della velocità. E come tale, tra le più seguite al mondo, anche se erano lontani, i tempi di una diffusione capillare dello Sport attraverso il mezzo televisivo.
Lui, Jesse Owens, la storia l’aveva scritta ben 32 anni prima, nel bel mezzo della follia nazista, a Berlino: davanti al dittatore Hitler ebbe la serenità, la grinta, la personalità, il carattere, di vincere i 100 metri, i 200, il Salto in Lungo superando un tedesco padrone di casa, Luz Long, e guidando la 4×100, la staffetta più veloce. Quattro medaglie d’oro, quattro, nella stessa edizione, peraltro in una terra, quella teutonica, ostile a tutto il Vecchio Continente, alleati a parte, e agli stessi Stati Uniti d’America.
Non ci sarebbe più riuscito nessuno tranne Carl Frederick Lewis, nell’edizione del contro-boicottaggio russo, quella di Los Angeles, nel 1984. Nelle medesime discipline il “Figlio del Vento” ottenne 4 ori, come l’illustre pioniere del periodo precedente il secondo conflitto mondiale.
Facciamo un altro ragionamento. Jesse Owens è nato a Oakville, Alabama, il 12 settembre del 1913 quindi nel 1936, all’apice della carriera sportiva, ha solo 23 anni. Cosa sarebbe accaduto senza la guerra, con i Giochi Olimpici del 1940 e del 1944, o addirittura del 1948, quando sarebbe stato ancora un discreto 35enne? Quanto avrebbe potuto gareggiare di più, al massimo del suo splendore almeno in altre due Olimpiadi?
Dall’Alabama, uno degli stati del Sud (inclini a rigurgiti ed espressioni razzisti), la famiglia Owens va a vivere a Cleveland, Ohio. Parliamo degli Anni 20: di lì a poco ci fu la grande depressione americana. Il nomignolo Jesse gli fu dato da una sua insegnante che non capiva molto lo slang di James Cleveland che fino a quel momento si faceva chiamare J.C. (pronuncia gei-sì).
Da studente nel pomeriggio lavorava in un negozo di scarpe, e quando poteva, si allenava. Nel 1933 mise a frutto, a soli vent’anni, tutto quel training severo ma anche appassionato. Ai Campionati Studenteschi i dirigenti e i tecnici ne intuiscono le immense qualità, la potenza e la voglia di fare bene, il talento e l’intelligenza nel gestirsi. Tutto questo incoraggia l’ingresso alla Università dell’Ohio. Con il padre adesso stabile sul piano lavorativo, Jesse poté insistere con l’Atletica, con la velocità e con il Salto in Lungo. Proprio in questa disciplina particolare il 25 maggio 1935 in Michigan Owens fa il record del mondo: 8,13. Sarebbe durato fino al 1960!
Ma i record sarebbero arrivati anche nei 200 metri piani, nei 100 e nelle 100 iarde.
In quello stesso anno Jesse sposa Minnie Ruth Solomon, di due anni più giovane e venuta a mancare nel 2001. Insieme hanno avuto tre figlie: Gloria, Marlene e Beverly.
Dopo le imprese compiute in sede olimpica Owens passò al professionismo concedendo agli avversari dei vantaggi puntualmente neutralizzati. Quindi si dedicò all’insegnamento fino a diventare il preparatore atletico degli Harlem Globetrotters. Cimentandosi anch’egli sul parquet per mostrare agli illustri giocolieri le movenze sugli scatti da fermo e in movimento, vista la rapidità della Pallacanestro.
Nel 2013 (dicembre) una delle medaglie d’oro vinte a Berlino fu comperata all’asta dal ricchissimo imprenditore Ron Burkle per 1 milione e 400.000 dollari.
Il messaggio più bello che ci ha lasciato James Cleveland “Jesse” Owens è quello di un ragazzino spensierato e volenteroso. Che veniva dall’instabile e impaurito Sud degli States, e che è stato capace di farcela, con tante doti, guidate da una sola: l’umiltà. E tanta voglia. Di correre. E di stupire.