John Stockton, l’architetto che ha accarezzato l’anello NBA: è stato oro olimpico a Barcellona
Il bravo playmaker non hai vinto il campionato ma ci è andato vicino, con gli Utah Jazz, con i quali ha giocato per 19 stagioni, dopo aver mancato l’ultima selezione USA 1984. Avrebbe fatto parte del primo e unico Dream Team, quello del ‘92
Se chiedete a qualsiasi guardia tiratrice, ala piccola o centro della NBA con chi avrebbe voluto giocare in squadra, in parecchi, forse in tanti, risponderanno: John Stockton. John-Houston-Stockton, che oggi compie 58 primavere!
Per la storia della NBA e per gli Utah Jazz Stockton è stato come Bird per i Boston Celtics o “Magic” Johnson per i L.A. Lakers. Già, perché il playmaker, una volta arrivato nell’Olimpo della Pallacanestro, ha giocato solo e sempre per la squadra dello stato montagnoso e al contempo desertico dal 1984 al 2003.
Per la visione di gioco, la rapidità in entrata e nei passaggi di scarico, per gli assist puri, Stockton è stato per tantissimi critici e commentatori, uno dei più efficaci, tecnici numeri 1, cioè Playmaker (costruttori di gioco, per i meno esperti della palla a spicchi) di tutto il periodo moderno della National Basketball Association.
Alto 1 metro e 85 centimetri è stato spesso menzionato dai più grandi avversari incontrati nonostante non abbia mai conquistato l’anello, simbolo del successo nel campionato più invidiato del pianeta.
John nasce a Spokane, nello stato di Washington, e alle superiori va a Gonzaga Prep dove ottiene il diploma nel 1980: nel Basket supera il record di punti della città segnati nell’arco di una stagione.
Viene chiamato sia da Montana e che da Idaho, ma sceglie la locale Gonzaga University guidata da Coach Dan Fitzgerald. Il massimo lo ottiene nel 1984 quando segna 20,9 punti a partita con una signora percentuale al tiro: il 57 per cento!
Dopo 17 anni Gonzaga University piazza il miglior record in una stagione regolare: 17 successi e 11 sconfitte. Lui è il miglior marcatore, il più bravo negli assist e il più alto numero di palle rubate di tutta la West Coast.
E’ questo, il passaggio più delicato, nella sua singola storia. Perché un certo Bob Knight sta selezionando i giocatori (solo universitari: il Dream Team sarebbe arrivato a Barcellona ’92) e il popolare tecnico dell’Indiana ne sceglie 75 e poi solo 20. All’ultima selezione non entrano in squadra (!) Stockton, un tale chiamato Charles Barkley, Terry Porter e Maurice Martin.
John Stockton, in queste selezioni, conosce quello che sarebbe divenuto un grande amico, oltre che prezioso e talentuoso compagno negli Utah Jazz, il celebre “Postino”, Karl Malone. A giugno è la prima scelta nel draft NBA con i suoi nuovi tifosi che, lì per lì, non conoscevano adeguatamente quella che sarebbe stata la loro guida per quasi 4 lustri!
Nel 1996 Stockton è inserito tra i 50 giocatori della NBA più forti di ogni epoca, in occasione del 50° anniversario dalla fondazione della lega professionistica americana. 13 anni dopo è inserito nella Basketball Hall of Fame, di fianco ai più bravi d’ogni tempo. Un premio alla serietà, d’accordo, ma anche all’evidente talento e fiuto.
Con Malone “The MailMan” Stockton avrebbe costruito un’asse straordinaria di passaggi e tiri verso i canestri avversari. Insieme avrebbero giocato 1412 partite nel corso della stagione regolare: un record condiviso con altre tre uniche coppie.
Con loro gli Utah Jazz sarebbero arrivati per 5 volte alle finali di conference (West Coast) e per due volte hanno conteso il titolo ai Chicago Bulls, che sono riusciti a prevalere grazie a uno strepitoso Michael Jordan. Tutto questo in 7 anni!
I telecronisti statunitensi erano soliti dire: “Stockton to Malone!”, una sorta di mantra.
Nel 1992 John Stockton ha fatto parte del primo, originale “Dream Team” che fece proprio l’oro olimpico a Barcellona strapazzando la concorrenza. Uno squadrone, autentico, composto da MJ, LB, Magic.
Il secondo squadrone da sogno vide ancora lui e il compagno negli Utah Jazz Karl Malone con Scottie Pippen, della vecchia guardia e tantissima qualità in Charles Barkley, rispetto alla prima versione. Ma anche lunghi del livello mondiale di Shaq O’Neal, David Robinson, esterni bravissimi quali Reggie Miller o un Gary Payton d’annata, o Tim Hardaway, con Grant Hill e Mitch Richmond come gregari.
Il momento più brillante della carriera è stato in primis nel 1997, finale della Western Conference contro gli Houston Rockets guidati da Charles Barkley. Gara 6: gli ultimi 9 punti li segna proprio John Stockton, con l’ultimo tiro da 3 che spalancarono la porta delle Finals contro i Chicago Bulls. Che vincono il titolo NBA in entrambi i casi.
John Stockton finisce nel 2003 con 13,1 punti a gara giocata, 10,5 assist a partita per un totale di 15806 nelle stagioni regolari. Una grande cifra, che diventa, con i play-off, 17645. In questa specifica graduatoria per 9 stagioni sportive è stato il migliore, in particolare nel 1989-1990, con 14,5 a gara, il massimo. Tutto accompagnato da una percentuale dal campo del 51,5% e da 3603 palle rubate.
Stockton detiene ancora oggi il record per il numero di stagioni, partite giocate consecutivamente con una sola compagine, gli Utah Jazz. E’ mancato solo per 22 partite.
Nel conteggio delle partite assolute disputate è il 3° dietro a due altre leggende del livello di Kareem Abdul Jabbar e Robert Parish.
John Stockton è stato chiamato e convocato per 10 volte per la Partita delle Stelle (All Star Game). E in una di queste, 1993, a pari merito con il compagno di squadra Karl “Il Postino” Malone, è stato voltato MVP (miglior giocatore).
Nel 2003 lasciarono insieme, i due grandi amici, Stockton e Malone, con quest’ultimo che ha ricevuto la maggior parte dei 15806 assist confezionati. “The Mail-Man” è così diventato il secondo nella classifica marcatori di tutta la storia, pregiata, della NBA, con 36928 punti, dietro all’unico, immenso Jabbar. Che ne ha segnati, forse irraggiungibilmente, 38387.
John Stockton si ritirò il 2 maggio 2003 e il Delta Center, campo degli Utah Jazz, divenne John Stockton Drive.
La maglia numero 12 fu ritirata il 22 novembre 2004. Nessuno con quella franchigia avrebbe mai più giocato, onore riservato ai grandissimi, con quella maglia.
A marzo 2006 fu scoperta una statua di fianco a quella dedicata a Karl Malone. Per ripetere, un’ulteriore volta, l’asse “passaggio-schiacciata” ossia “Stockton to Malone!”. Immortali.
John Stockton dal 6 aprile 2009 è entrato nella Naismith Memorial Basketball Hall of Fame. L’introduzione nell’Olimpo la visse l’11 settembre assieme al suo ex coach, Jerry Sloane, a MJ e all’Ammiraglio, al secolo David Robinson. La lettera per la sua introduzione la scrisse un certo Isiah Thomas, suo amico e grande avversario coi suoi “Bad Boys” dei Detroit Pistons.