Con l’annuncio dei film che concorreranno il prossimo 3 aprile per l’annuale David di Donatello, la stagione cinematografica italiana può davvero considerarsi conclusa. E dunque è il momento di tirare le somme, come sta il cinema nel bel paese e in che direzione sta andando?
Sta bene, anche se potrebbe star meglio. Con un incasso di 134 milioni su 635 complessivi le produzioni italiane si mettono in salvo dalla soglia minima dei 100 con un aumento del 5% dal 2018.
Ma quali sono stati i film più rappresentativi di quest’anno, quali pellicole e quali autori hanno saputo meglio fotografare la nostra Italia affascinando il pubblico con il proprio sguardo disincantato o con ritratti personali, fiabeschi e immaginifici capaci di trasporre vizi e virtù popolari. Alcuni più di altri sono stati capaci di affermarsi sul panorama internazionale, più di tutti “Il Traditore” di Marco Bellocchio, in corsa per gli Oscar 2020 ma poi escluso dalla cinquina finale. Un autore che da 30 anni si contraddistingue per una visione lucida e indipendente da ogni logica commerciale. Un grande narratore il cui cinema fa spesso da traino generale verso un marcato della qualità capace di ospitare anche titoli molto fortunati, lo stesso “Il Traditore” è stata una scommessa per l’alto budget. Il suo è un film sulla storia d’Italia che indaga la fascinazione per un personaggio dall’indubbio carisma, Tommaso Buscetta, il primo pentito di mafia interpretato da un grande trasformista, Pierfrancesco Favino. “Il Traditore” scava nel passato torbido del paese raccontando una figura controversa che ha segnato il ‘900, il testimone chiave del maxi processo che smantellò la mafia siciliana di Totò Riina, nemico pubblico numero uno responsabile dell’assassinio di Falcone e Borsellino.
La mafia, si sa, è un problema tutto italiano, una piaga che colpisce chiunque e non fa distinzioni. Un altro film che non ha paura di raccontarla in tutta la sua efferatezza, attirando l’attenzione della critica internazionale, è “La Paranza dei Bambini” tratto dal romanzo di Roberto Saviano. Candidato all’Orso d’oro e vincitore dell’Orso d’argento per la miglior sceneggiatura alla Berlinale, il film segue l’ascesa di un gruppo di ragazzini di Napoli che, trasportati dall’entusiasmo giovanile, si trovano invischiati negli affari sporchi della camorra.
Tornando a grandi produzioni dall’enorme potenziale, non si può non nominare “Il primo re”. Nel panorama italiano un film senza precedenti, un progetto che strizza l’occhio ai colossal hollywoodiani senza però cedere al confronto. È la storia della fondazione di Roma e la grande civiltà che ne seguirà raccontata attraverso la dolorosa leggenda di Romolo e Remo. Una rivoluzione audiovisiva che scommette sul pubblico con personaggi che parlano esclusivamente in proto-latino, una lingua studiata e ricostruita appositamente per il film, misterioso, ipnotico e di un realismo estremo.
A dimostrazione del fatto che con budget importati, anche nei progetti nostrani si può pensare in grande, “Pinocchio” di Matteo Garrone. La mitica fiaba di Carlo Collodi, portata alla ribalta dalla Disney, ha fatto sognare grandi e piccini per tornare sul grande schermo come non si era mai vista. Tra Tim Burton e Chaplin, il trucco prostetico hollywoodiano e un cast capitanato dal premio Oscar Roberto Benigni, Matteo Garrone, una delle punte di diamante del cinema italiano, firma qualcosa di unico. Un omaggio sincero a una storia dal fascino intramontabile, allegoria dell’essere umano che offre sempre nuovi spunti di riflessione.
Ma l’adattamento per eccellenza quest’anno è un altro, “Martin Eden” il celebre romanzo di Jack London reinterpretato all’italiana da Pietro Marcello. È il racconto di un secolo visto dagli occhi di Luca Marinelli, interprete d’eccezione premiato a Venezia. Dalle lotte sindacali all’avvento della tv, passando per la Germania nazista, tutte le contraddizioni del ‘900 nell’inquietudine di un povero marinaio napoletano, e non più californiano, che vuole diventare a tutti i costi un intellettuale. Marcello lascia convivere linguaggi e stili diversi con immagini storiche per un film dal sapore volutamente antico.
Una partita a se gioca il fenomeno Checco Zalone, attore, comico, campione di incassi, ormai entrato nella cultura di massa per aver ridato nuova vita alla commedia italiana. Il suo “Tolo Tolo” arriva nelle sale il primo gennaio conquistando subito un nuovo record, è il film italiano dal miglior esordio con quasi 9 milioni di euro al botteghino. In scena c’è l’italiano medio, documento umano al centro del film. Il risultato è una fotografia impietosa dell’Italia di oggi in una black comedy sul fenomeno dell’immigrazione e del razzismo, tematiche che continuano ad infuocare il dibattito politico nella penisola.
L’impressione è che il settore cinema esca dal 2019 rafforzato, più competitivo sul piano internazionale grazie a prodotti di grande qualità e molto ambiziosi. Si delinea sempre di più la tendenza ad investire nelle grandi produzioni senza temere il confronto con il cinema d’oltre oceano. Raccontare l’Italia, dalle sue radici alla più stretta attualità, ciò che affascina e ciò che spaventa, questa è la priorità. Una cinematografia che reclama a gran voce il suo ruolo di testimone dei mutamenti e delle contraddizioni di questo paese.