Koby per noi/3° puntata: Mario Arceri descrive l’amore dei Bryant per l’Italia

A Radio Cusano Campus è intervenuto il giorno dopo la tragedia di L.A. il prestigioso giornalista per 40 anni firma del Corriere dello Sport e docente universitario

 

Mario Arceri, storica firma del Corriere dello Sport, uno dei più rappresentativi giornalisti della Pallacanestro, è di recente intervenuto a Radio Cusano Campus, per parlare della tragedia di Los Angeles, che ha portato via dalla vita terrena uno dei più talentuosi quanto efficaci esponenti planetari del mondo.

Come si dice a Roma sono arrivate notizie che hanno avuto l’effetto di una “tramvata”…

“….E che lasciano veramente, realmente storditi”, ha esordito il collega giornalista e docente all’Università di Tor Vergata. “Ieri ho appreso casualmente il sito di un quotidiano sul quale c’era la notizia secca. Kobe è morto per un incidente di elicottero: era appena stata pubblicata e sono rimasto senza parole, e sembra una cosa banale”.

I pensieri si sommano…

“Poi ho cominciato a ricordare Kobe a 6 anni quando Rieti giocava le sue partite interne al PalaEur perché il PalaSojourner (di oggi) non era agibile. Insieme a Dan Gay il padre, Joe, era appena arrivato a Rieti; c’era questo bimbetto che, sotto gli occhi di Pamela, la madre, una bellissima signora, si faceva dare il pallone e tirava, tirava, tirava, e palleggiava. Ti lasciava a bocca aperta per l’abilità, per la qualità che già aveva, per l’eleganza di quello che faceva. Poi l’ho seguito quando il padre è andato a Pistoia, a Reggio Calabria, a Reggio Emilia, soprattutto, quando Joe ha finito concluso la sua esperienza italiana e dove Kobe ha cominciato a giocare a MiniBasket avendo una formazione cestistica che, lui stesso ha riconosciuto, gli è stata fondamentale per entrare a neanche 18 anni (!) nell’NBA”

Ho visto che su Basket Magazine hai messo una foto in cui mostrava, con orgoglio, la maglia italiana, una splendida immagine: “E quella che gli è stata data di recente nella sua visita in Italia dalla Federazione. Ed è la cosa che ci fa più male, per certi versi, al di là del cordoglio per chi viene meno, non solo gli amici che vengono meno, è anche questo. Il suo legame affettivo con l’Italia”.

Gli aneddoti si sommano.

“Veniva spesse volte in Italia, al mare di Ostia oppure proseguiva il suo viaggio a Reggio Emilia, per incontrarsi nuovamente con gli amici di un tempo della vecchia squadra, quelli con i quali aveva iniziato. O al mare di Capri, che ha dato il nome alla bambina nata 7 mesi fa. E poi il fatto che parlasse meglio in italiano che non l’inglese: pensava in inglese, nei suoi primi anni alla High School. Quel suo grande amore per il nostro paese deriva dal fatto ed è testimoniato dai nomi che ha dato a tutte e quattro le figlie. A cominciare da Gianna Maria Honore che purtroppo era con lui sull’elicottero. L’altra foto è stata scattata da Adriana Galimberti, lo scorso dicembre: era la prima volta che tornava allo Staples Centre, per accompagnare la figlia, che era una grandissima appassionata di Pallacanestro. Tanta amarezza ed è un grandissimo dolore per ciò che è successo, per il modo, in cui è successo, per le persone che ha coinvolto”.

Da che cosa riparte la Pallacanestro? L’NBA avrebbe potuto evitare di far giocare due partite…

“Ho letto e apprezzato il post che hai messo, perché è vero: di fronte a una tragedia simile, lo Sport deve…d’accordo che lo spettacolo deve andare avanti, ma ci sono degli elementi umani che non bisogna ferire. Irving se ne è andato via in lacrime, non ha voluto giocare, a New York: ho visto le immagini delle squadre con i giocatori che a centrocampo piangevano. Perché Koby Bryant è stato un personaggio particolare, importantissimo per noi: ricordo ancora il sorriso di gioia felice di quando dall’urna dei successivi Campionati Mondiali ha estratto il nome dell’Italia per aver LUI, tra diversi campioni, ad estrarre il nome Italia. Era molto legato a noi”.

Se volessimo analizzare i numeri, non parliamo di un personaggio che si trovi ogni giorno dappertutto: lui ha vinto 5 volte il titolo. E ieri sera mi è sembrata una grave, mancanza, di sensibilità, rispetto a uno dei suoi migliori attori, oltreché ha vinto un Oscar per un cortometraggio. Un atleta che mi sono permesso di incastonare tra Jordan e LeBron James. Forse parliamo di uno dei primi 5, 6 rappresentanti assoluti, o no?!

“Aggiungo Magic Johnson e Julius Irving. Lui ha preso il posto di Magic nei Lakers, forse è stato uno dei primi 3. Per me LeBron deve ancora raggiungerlo, a parte che lo ha superato per i punti segnati ma non ha vinto quanto ha vinto Kobe Bryant. I numeri, hai detto bene tu, sono importanti ma non sono tutto: conta l’umanità del personaggio, questo ragazzo che aveva voglia ma non di arrivare, ma di raggiungere i traguardi che si poneva. Che si è impegnato, l’hai detto, con “Dear Basketball”, che era la storia del suo impegno nella Pallacanestro, era la sua vita, con cui ha vinto l’Oscar. I due libri che ha scritto, sempre di materia cestistica ma sempre portando, pubblicizzando le proprie esperienza. L’attività di beneficenza, che aveva messo su con la moglie Pamela per aiutare i bambini di Los Angeles in difficoltà economiche o sociali. L’amore che aveva per le figlie, per le ragazze, e soprattutto per Gianna, che è poi morta con lui, e che poteva pensare facesse meglio rispetto al padre. L’aspetto umano mi rattrista, non dico sconvolge, però insomma, è soprattutto questo. I numeri dicono questo. Lui è stato un grandissimo campione, e ha lasciato a 38 anni, per problemi fisici, altrimenti avrebbe sicuramente giocato una, due stagioni: ha segnato 60 punti nell’ultima partita giocata, contro Utah. Glieli hanno fatti segnare, è stata una passerella contro Utah – dice sorridendo – ma bisogna pure saperli fare, segnare”.

Mario Arceri conclude con raffinata sensibilità: “Kobe Bryant è qualcosa di particolare soprattutto per noi italiani che siamo legati alla sua “italianità!”, che non ha mai nascosto anzi vantato”.

Grazie a te per avermi dato, una volta di più, di parlare di Kobe!