Il regista premio Oscar di Skyfall e American Beauty, firma una storia epica e viscerale, un flusso continuo di immagini tratte dai racconti del nonno e dei soldati che con lui hanno combattuto la Grande Guerra.
I caporali inglesi Schofield e Blake, rispettivamente l’energico George MacKay e Dean-Charles Chapman noto al grande pubblico per il Trono di Spade, sono i protagonisti di una missione a dir poco impossibile: superare le barricate per attraversare in una corsa contro il tempo l’insidiosa Terra di Nessuno, improvvisamente abbandonata dai tedeschi. L’obiettivo è trovare i commilitoni del Secondo Devon, fermare l’attacco alla nuova linea nemica, salvare da un’imboscata 1600 soldati tra cui il fratello di Blake.
In questa avvolgente esperienza cinematografica, Mendes catapulta lo spettatore direttamente negli spazi sporchi e angusti della trincea, sui campi di battaglia, in un conflitto dove si uccide per la conquista di un pugno di terra.
La prima guerra mondiale fu un’onda d’urto globale che spinse gli uomini a confrontarsi con i propri valori identitari e patriottici richiedendo un sacrificio incalcolabile a milioni di giovani in nome del proprio paese.
L’idea di “1917” nasce dagli incredibili racconti di uno di loro, Alfred H. Mendes, il nonno del regista. Storie ricche di personaggi variegati conosciuti quando era caporale. Allora aveva solo 19 anni, era stato arruolato nell’Esercito Britannico e per via della sua bassa statura veniva impiegato come messaggero del Fronte Occidentale. La sua incredibile storia è divenuta importante fonte di ispirazione per il concepimento del film. Ma come raccontare in chiave epica il viaggio di uomini che rischiano la vita percorrendo una manciata di chilometri? Mendes lo fa attraverso gli occhi di due esordienti, giovani soldati apparentemente anonimi nei quali è facile immedesimarsi. E soprattutto lo fa mediante l’utilizzo di una tecnica che spesso garantisce, a chi la padroneggia, un posto al Dolby Theatre in lizza per la regia. Si tratta del piano sequenza, capace di catturare la storia in tempo reale. In questo caso un unico piano sequenza che consente al pubblico di affiancare i personaggi e di immergersi nel loro viaggio turbolento.
La struttura del film è stata costruita ad hoc in modo che ogni secondo di girato si collochi all’interno di una narrazione continua, poiché non ci sono tagli nelle scene lo spettatore vive lo stesso destino di Schofield e Blake e proprio come loro non può voltare le spalle alla missione che lo attende.
Il film vanta una precisione nella resa scenografica che non lascia indifferenti. Mendes sconfigge le insidie che comporta il racconto cinematografico della guerra di posizione con soluzioni visive magistrali che tengono lo spettatore incollato ai due protagonisti, ma la sua vittoria resta mutilata nel messaggio. Incapace di esaltarlo nella sua disarmante semplicità, lo carica infatti di una simbologia forzata e innaturale, a volte anche pretestuosa, che raffredda la potenza della immagini. Rendere omaggio alla figura del soldato e al suo sacrificio, quello di ieri e quello di oggi, è un fine ammirevole che in “1917” rischia però la vacuità. La ricerca di immagini oniriche finisce per appesantire una equilibrata struttura narrativa efficace per la sua asciuttezza ed incisività.
Riascolta in podcast la puntata di “Buio in Sala” in cui parliamo del film: https://www.tag24.it/podcast/248431/