Koby Bryant, questa volta “Mamba is (really) OUT”

KOBY BRYANT è volato via. Ma non per decollare verso il canestro, come ha fatto per 20 anni, stella tra le stelle, nel firmamento della National Basketball Association, simbolo dei Lakers e degli U.S.A. con lui due volte sul tetto del mondo sotto il sacro fuoco di Olimpia

 

Una legnata, di quelle che si faranno sentire, fino alla notte dei tempi. E’ arrivata la conferma prima che dai quotidiani italiani, da un canale che diffonde con grande continuità e modernità la Pallacanestro della lega professionistica più ambita e seguita sul globo terrestre, la ESPN. Koby Bryant non c’è più. Il fato ha portato via uno dei figli più conosciuti, tecnicamente dotati nella storia della palla a spicchi. Se ne è andato volando ma non come ha fatto centinaia di volte verso il canestro o per aprire la strada a uno dei suoi compagni. E’ accaduto in elicottero, in compagnia di altre persone, pur senza la moglie e 3 dei 4 figli, a bordo. Purtroppo una, Gianna Maria, era presente, fatalità, di fianco all’illustre genitore, nel giorno peggiore, di due giovani vite, una giovanissima.

E’ una notizia pessima, che arriva dalla domenica pomeriggio, che ha trovato conferma, in Italia, di sera. Quando tutti pensavano ad altro, il che sarebbe normale. 20 anni di sana pallacanestro negli Stati Uniti d’America dopo essere stato da ragazzino in Italia, dove il padre, Joe, ha giocato, tra Reggio Calabria e Rieti, tra Pistoia e Reggio Emilia.

Il papà, 66enne, e la famiglia Bryant hanno lasciato tanti amici, qui, da noi, e quindi questa notizia ha avuto il rimbalzo di una palla impazzita come avviene ai tempi dei social network e delle forme informatiche dei quotidiani e delle televisioni. Le quali, con le loro derivazioni in rete, arrivano dall’altra parte del pianeta. Dagli USA alla CINA nel breve volgere, al massimo, di un minuto e mezzo. Coprendo l’intera Europa con una rapidità che, proprio in un caso doloroso come questo, fa comprendere al cervello umano la velocità con cui una notizia, pur bruttissima, si può diffondere.

Perché parliamo di uno dei più grandi giocatori di Pallacanestro, dei più dotati e dei più efficaci realizzatori nella storia del torneo più popolare al mondo. Parlano i numeri, per Koby Bryant. Un giovanottone di 41 anni alto 1 metro e 98 che non aveva paura di confrontarsi con i giganti superiori ai 205 centimetri, figuriamoci.

Un atleta capace di rappresentare tutte e cinque i ruoli nello scacchiere di ogni allenatore. E in grado di portare gli Stati Uniti d’America due volte sul podio più alto a una Olimpiade, nel 2008 e nel 2012. Oltre ad aver preso per mano e condotto, con gente della capacità di Shaquille O’Neal, la franchigia con i Boston Celtics più famosa del mondo, in cima al torneo più importante della galassia, per ben 5 stagioni!

Come si fa, a parlare al passato prossimo, all’imperfetto, di uno che solo perché il fisico si fosse logorato, pronunciò quella famosa frase: “Mamba is over”? Il Black Mamba ha finito, è finito. Aveva dato tutto, ma non ancora abbastanza.

E oggi ne stiamo parlando per una tragedia individuale, di tre famiglie, la sua di origine, quella della moglie. E quella che con la moglie aveva saputo costruire, saltando i momenti di naturale e quasi ovvia difficoltà. Senza dimenticare quelli che erano a bordo con lui, e che hanno condiviso gli ultimi, disperati atti, con quell’elicotteroa. Mezzo con il quale si muoveva da casa verso lo Staples Centre.

E’ uscita la notizia, tremenda, che fosse con Koby una delle figlie; il che aggiunge dolore al dolore perché parliamo di una vita tutta da vivere, persino più dell’ex star dei Los Angeles Lakers, appena 41enne.

Il mondo ha preso uno di quei ceffoni sonori. Anche per l’interesse che lui ha mostrato, attraverso delle belle iniziative, verso gli esseri umani poco e meno fortunati.

E allora è vero, ciò che, con la solita maestria che lo ha reso il Vate, ha scritto Coach Valerio Bianchini. Non a caso uno dei più illuminati, del Basket di casa nostra, nelle sue lucide e spesse analisi: “Era forte, era bello, era gentile, era toccato dalla grazia dei più grandi campioni. Non è stato risparmiato, dall’invida degli Dei”. Che si sono portati via uno di quel valore. Assoluto. Un uomo che la sera dell’addio al Basket giocato, coronato da 5 vittorie nel campionato più talentuoso del mondo, è stato capace, di dire: “Sono orgoglioso dei momenti difficili, non delle vittorie”.

Buon volo, Mamba. Questa volta sì, davvero “out”.

Che peccato, lasciatelo dire, non averti visto diventare un uomo attempato. Un nonno capace di far parlare di te tante generazioni capaci di prendere l’esempio nell’applicarsi per l’amore di una vita. Un pallone dentro a un canestro. Da te o da un compagno di viaggio.