Il Prof. Aldo Travi, docente di diritto amministrativo all’Università Cattolica di Milano e componente del direttivo dell’associazione ItaliaStatoDiDiritto, è intervenuto ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta”, condotta dal direttore Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano.

Sul caso Gregoretti

“C’è un’opinione diffusa secondo cui si tratterebbe di una questione politica –ha affermato Trani-. In realtà, nei suoi termini corretti, questa è una vicenda esclusivamente giuridica. E’ una questione di applicazione e di interpretazione di una legge costituzionale. L’autorizzazione a procedere è uno strumento di garanzia per il potere politico, si vuole evitare che ci possano essere abusi dell’autorità giudiziaria rispetto al potere legislativo e di governo. La legge del 1989 prevede che in due casi particolari il Parlamento possa negare l’autorizzazione a procedere contro un ministro: nel caso in cui il ministro abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante, oppure nel caso in cui abbia agito per il perseguimento di un preminente interesse pubblico. Il discorso della collegialità mi sembra marginale, perché non esclude la responsabilità di un singolo ministro. Il problema della Gregoretti è legato al fatto che il decreto sicurezza bis assegna al ministro dell’interno tutta una serie di prerogative specifiche. E’ un problema di diritto, ma riguarda un po’ tutti. Quando la legge costituzionale del 1989 ammette che possa essere negata l’autorizzazione a procedere, intende che in presenza di situazioni eccezionali prevale l’interesse dello Stato, ad esempio se è in gioco la sicurezza dello Stato. Nel caso della nave Gregoretti non era in gioco la sicurezza dello Stato, non c’era alcuna risultanza che a bordo della Gregoretti ci fosse ad esempio qualche terrorista. La logica della legge non è che si possa ritenere che i clandestini rappresentino un pericolo per la sicurezza nazionale. Il reato per il quale si procede non è quello di maltrattamento, ma di privazione di libertà personale. L’Italia è obbligata a rispettare le convenzioni internazionali che prevedono che quando una nave ha effettuato operazioni di soccorso in mare chiede al Paese più vicino l’indicazione di un porto sicuro per le persone a bordo che devono essere sbarcate. Quando si ha a che fare con un problema giuridico, se si dà la prevalenza alla dimensione politica il rischio che ci possano essere ingiustizie aumenta enormemente. Spesso si è parlato di un potere politico che prevarrebbe rispetto all’obbligo di rispettare la legge quando ci sono in gioco questioni politiche importanti. Nel 1941 questo fu discusso a proposito dell’applicazione delle leggi razziali nel nostro Paese e il Consiglio di Stato respinse le tesi del ministero”.