L’ex magistrato Giancarlo Caselli è intervenuto ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta”, condotta dal direttore Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano.  Open, Giancarlo Caselli: “Intervento bellicoso di Renzi in Senato è un pessimo esempio. Se chi ha una posizione istituzionale di primissimo livello rifiuta il controllo di legalità è come se dicesse al cittadino comune: se sei condannato o hai una causa civile e soccombi sei legittimato a pensare che il giudice ce l’abbia con te. Per oltre un secolo la concezione dominante nel nostro Paese è stata quella dell’unità del potere e del primato del potere politico su quello giudiziario. Fuga di notizie? Può avere diversi padri. Le informazioni può darsi che escano dai tribunali, ma può darsi anche che non escano dai tribunali. Se il magistrato ordina una cosa, di questa cosa vengono a conoscenza anche gli avvocati ad esempio”

Riguardo l’intervento di Renzi in Senato sul caso della fondazione Open

 “Il discorso di Renzi in Senato rappresenta un pessimo esempio –ha affermato Caselli-. E’ un intervento pieno zeppo di parole forti: barbarie, retata, Stato etico. Un intervento muscolare, bellicoso. Forse il Senato non è la sede più opportuna per interventi di questo tipo, per di più senza contraddittorio, che si risolvono non tanto in un attacco alla magistratura, quanto piuttosto a singoli magistrati, ad un preciso ufficio giudiziario: la Procura di Firenze. Non è soltanto una questione di carattere istituzionale, è una questione privata, di carattere personale. E allora ecco dov’è il pessimo esempio. Se io delegittimo la magistratura, nel senso che non ne riconosco la correttezza dell’intervento e la legittimità di intervenire, non offro un buon esempio. Se chi ha una posizione istituzionale di primissimo livello rifiuta il controllo di legalità è come se dicesse al cittadino comune: se sei condannato o hai una causa civile e soccombi sei legittimato a pensare che il giudice ce l’abbia con te. Anche a livello politico questo ha effetti ambigui.

Potere politico orientato a chiedere servizi alla magistratura

E’ come se il potere politico fosse più orientato a chiedere dei servizi alla magistratura piuttosto che imparzialità, è come se i politici fossero gelosi dello status dei magistrati. Se io uso il Senato per attaccare i magistrati con certi toni, il mio potere politico diventa rifiuto della giurisdizione, diventa una difesa non più nel processo ma dal processo. Criticare in una certa sede non è più criticare, è delegittimare e non rispettare l’istituzione. Non è il magistrato che indaga la politica. Il magistrato riceve notizie di reato e su quelle notizie di reato si muove nel perimetro della legge. Dopodichè, ogni volta che inizia un processo c’è una componente di sofferenza, di componente negativa nei confronti del processato. Ma non è che per questo motivo il magistrato possa voltarsi dall’altra parte. Certo, dovrà usare tutto lo scrupolo necessario. Ma il problema è la durata interminabile dei processi. C’è anche un problema di informazione. Non bisogna partire sbattendo il mostro in prima pagina. Questo problema però non deve farci dimenticare il problema che sta a monte: per oltre un secolo la concezione dominante nel nostro Paese era quella dell’unità del potere e del primato del potere politico su quello giudiziario. La novità fondamentale della Costituzione repubblicana democratica è l’abbandono esplicito di questa concezione: la divisione dei poteri e il rispetto tra i poteri stessi. Fuga di notizie? Può avere diversi padri. Le informazioni può darsi che escano dai tribunali, ma può darsi anche che non escano dai tribunali. Se il magistrato ordina una cosa, di questa cosa vengono a conoscenza anche gli avvocati ad esempio”.