Sud: la quantità di giovani che decide di emigrare non lascia presagire buone speranze per il futuro. A parità di gente che decide di andar via si riduce la quantità di servizi. “Il fenomeno nel tempo si è stabilizzato e addirittura rafforzato – ha osservato il direttore della Svimez, Luca Bianchi a Tutto in Famiglia, su Radio Cusano Camps – non ci possiamo rassegnare all’idea di frequentare il Sud esclusivamente per trascorrere le vacanze, o per incontrare i parenti.”
Cos’è cambiato?
Il tema non è nuovo. Il nostro Paese da sempre vede una fetta della popolazione allontanarsi. Oggi sono “prevalentemente i giovani scolarizzati a lasciar perdere l’idea di costruirsi un futuro a Sud, questo è l’aspetto che rende difficile la situazione rispetto al passato. Le emigrazioni degli anni ’60 sottraevano più braccia che cervelli – ha sottolineato il direttore Bianchi – più che una differenza tra le regioni c’è una profonda differenza tra alcune aree urbane, che stanno diventando una specie di fossato: le aree interne della Calabria, dell’Abruzzo, del Molise, della Campania. Con l’abbandono della popolazione giovane sta venendo meno quel tessuto di reti personali e servizi utili per i cittadini, e la tendenza è di andarsene.”
La sostenibilità e la creatività
La questione ambientale e della sostenibilità rappresentano il traino dell’economia del futuro, il Sud in questo senso è risultato “la piattaforma green italiana. A Sud è possibile sviluppare un’industria sostenibile. Se la scelta di emigrare può migliorare le prospettive future di un ragazzo è giusto andar via- si è congedato Luca Bianchi – ma non è vero che non è possibile fare impresa, che non c’è innovazione e non c’è ricerca. Ai giovani meridionali voglio dire che anche se è più difficile riuscire a fare impresa ci sono tante storie di successo: basta pensare che il Sud è sempre uguale a se stesso!””