Venezia, Di Pietro: “L’anno scorso era Genova, oggi è Venezia. Qui si arriva sempre il giorno dopo, come il becchino. Mose? Una cosa è la burocrazia piuttosto che la complessità dell’opera, altra cosa è il fatto che la maggior parte del tempo perso è dovuta al fatto che chi stava costruendo quest’opera doveva essere in galera perché ci mangiava sopra”

Antonio Di Pietro, ex magistrato ed ex ministro delle infrastrutture e dei trasporti, è intervenuto ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta”, condotta dal direttore Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano.

Riguardo i ritardi nella costruzione del Mose. “Una cosa è la burocrazia piuttosto che la complessità dell’opera, altra cosa è il fatto che la maggior parte del tempo perso è dovuta al fatto che chi stava costruendo quest’opera doveva essere in galera perché ci mangiava sopra -ha affermato Di Pietro-. Nel mio periodo di gestione da ministro non c’è stato un arresto. In quel periodo ci trovammo tutti d’accordo che bisognava far ripartire le opere pubbliche, tra queste ce n’erano diverse tra cui la variante di valico. C’era la Gronda che se l’avessero fatta forse si sarebbe evitata la caduta del Ponte”.

“L’anno scorso era Genova, oggi è Venezia, in Molise e Abruzzo il terremoto ha fatto dei danni gravissimi. Il problema è che pensando di non spendere 100 oggi, si spende 1000 domani, per non parlare poi dei morti. Qui si arriva sempre il giorno dopo, come il becchino. Io vorrei apprezzare un governo che la mattina si alza, prende il microfono e dica: ieri ho fatto. Invece qui è sempre un: domani farò. Il Mose è un’opera cominciata 30 anni fa, dopo 30 anni già bisogna pensare a rifarla più che a finirla. Accuse alla magistratura? L’intervento della magistratura è obbligatorio, ma non può tenere ferme opere mentre fa per 20 anni un processo. Prenditela con le persone che hanno commesso i reati, ma nel frattempo fai andare avanti l’opera. Va cercato il colpevole, ma intanto si nomina un commissario e si va avanti. La magistratura deve prendersela con le persone, non con i manufatti. Speriamo che almeno quest’opera funzioni una volta completata, sennò saremo cornuti e mazziati”.