Michele Franchi, vice sindaco di Arquata del Tronto, paese marchigiano colpito duramente dal sisma di tre anni fa torna a parlare a Un Giorno Da Ascoltare per raccontare la situazione del paese e di tutti i territori limitrofi che fanno parte del cratere e che sono stati letteralmente rasi al suolo da quel terribile terremoto del 2016 e se, alla luce del nuovo decreto terremoto lanciato pochi giorni fa dal governo giallo rosso, una luce di speranza si riesce ad intravedere oppure se è tutto come prima.
Decreto terremoto
“Dall’attuazione del nuovo decreto terremoto qualcosa è sicuramente cambiato: la situazione è migliore per i professionisti che possono snellire le pratiche burocratiche che hanno fatto sì che si raggiungesse questa fase di stallo che fa risultare tutto bloccato. Sicuramente è una pratica che andava fatta molto prima, sarebbe dovuta essere attuata ben tre anni fa, all’inizio di tutto il nostro calvario. Ci sono molti punti che si possono reputare buoni all’interno del decreto ma anche tanti altri che vanno a sfavore dei piccoli centri e che agevolano solo le città più grandi che sono anche le meno danneggiate dal sisma. Non è una guerra tra poveri, sia chiaro, però Arquata è devastata interamente e quindi bisognava fare delle differenziazioni. Ci sono molti punti che, una volta che il decreto verrà convertito in legge, si potranno realizzare con la volontà politica. In questi anni abbiamo visto molti esponenti della politica fare belle promesse, tante promesse, non del tutto mantenute però! La promessa più importante è quella di far ripartire quanto più velocemente possibile questi piccoli borghi.”
Cosa è cambiato da un anno a questa parte?
“Poco. Qualcosa sicuramente è cambiato ma continuiamo ad essere il 50% in meno della popolazione rispetto al 2016. C’è molta gente che ancora vive nelle SAE (soluzioni abitative di emergenza) e molta altra che sta lontano da qui e riesce a vivere percependo il CAS (contributo autonoma sistemazione). Ognuno è libero di fare le proprie scelte ma sarebbe auspicabile che le persone tornassero a rivivere il proprio luogo di appartenenza. Intanto qualche gru si sta muovendo, qualcosa sta iniziando e vedremo in quanto tempo riusciranno a ricostruire qualcosa; siamo riusciti però a far ripartire la scuola, abbiamo circa venti bambini che sono il futuro di questi luoghi colpiti dal sisma.”