Giovani: sognano di costruirsi un futuro, com’è giusto che sia, ma si accorgono che in Italia è impossibile. In dieci anni ne abbiamo persi 250 mila, tutto è cominciato con la crisi del 2008, e con loro abbiamo perso l’1% del Pil. Ne abbiamo parlato a Tutto in Famiglia, su Radio Cusano Campus, con Alessandra Minello, demografa sociale dell’Università di Firenze. “L’emigrazione significa fuoriuscita dei giovani dal Paese, la metà di quelli che partono ha tra i 20 e i 39 anni – ha spiegato la professoressa Minello – l’emigrazione degli ultimi decenni ha sempre guardato l’Europa: quella degli anni ’70 guardava verso la Svizzera, il Belgio, cioè nazioni vicine geograficamente.” 

Com’è cambiato il fenomeno?

Sebbene il fenomeno dell’immigrazione sia datato, alcuni aspetti relativi all’ultima ondata sono del tutto nuovi, come le regioni di provenienza dei ragazzi. Molti di loro sono lombardi. “E’ una novità – ha sottolineato la demografa – questi ragazzi che se ne vanno, molto spesso hanno dei contatti nei posti dove arrivano. Spostandosi in Germania dimostrano di essere alla ricerca di professioni qualificate, lavori che in Italia fanno faticherebbero a trovare uno sbocco.”

La composizione della popolazione che emigra

Giovani emigrati: che tipo di persone va via? “Il 32% di loro sono persone con qualifiche importanti, sarei cauta nel dire che all’estero non riescono a trovarle – così si è congedata Alessandra Minello – investire sul titolo di studio è ancora importante, i dati sui guadagni mostrano che i laureati guadagnano di più rispetto a chi ha un titolo di studio inferiore. Tra i problemi da risolvere, invece, vi sono le difficoltà strutturali italiane che non permettono alle giovani generazioni di entrare nel mondo del lavoro e in secondo poi, le forme contrattuali che le aziende propongono: non sono incoraggianti rispetto alla pianificazione del futuro, all’ipotesi di avere dei figli, una famiglia. Demografi ed economisti dovrebbero capire e parlare di più di questa ondata di giovani che avanza.”

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