Scuola, ‘Education at a Glance 19’: “Investire per rilanciare”. Il vero tratto di discontinuità che si richiede a questo nuovo esecutivo, sta proprio nella necessità di tornare ad investire per rilanciare l’istruzione nel nostro Paese.
La scuola non è un settore strategico per la politica. O meglio, concedendo il beneficio del dubbio al neonato esecutivo, fino ad ora è stato così. Questa dolorosa verità affiora chiaramente dall’ultimo rapporto OCSE Education at a Glance 2019, che sottolinea un indietreggiamento dell’Italia in termini di risorse stanziate per scuola e università. Negli ultimi 20 anni il nostro paese è andato sempre più indietro, mostrando di non voler veramente porre rimedio alla situazione e non individuando strategie per arginare questa tendenza al sotto finanziamento che oscura e impedisce ogni tipo di visione.
Retribuzioni al minimo
E con la questione stipendiale, si arriva alla nota dolente che accomuna tutti gli insegnanti della scuola pubblica. L’Italia, proprio in riferimento alla retribuzione dei suoi educatori, resta fanalino di coda in Europa, anche allargando l’indagine alla globalità del personale scolastico. La professione docente vive un momento di scarsa considerazione e di scarsissima attrattività tra i giovani studenti. Questa è l’eredità più pesante di cui si fa carico il nuovo esecutivo, chiamato a riconsegnare dignità e rispetto ai docenti, magari partendo proprio dallo stipendio, da troppi anni fermo al palo.
Tagli all’istruzione
La fetta di prodotto interno lordo che il nostro paese investe nella scuola è calata rapidamente, dal 2010 ad oggi, fino a raggiungere i 15 punti percentuali. Attualmente parliamo del il 3,6% di investimento annuo, contro una media europea del 5%, conseguenza dei tagli all’istruzione apportati dai governi precedenti. La politica si è preoccupata esclusivamente di contenere la spesa per l’istruzione. Un errore strategico che si è rivelato fatale per le drammatiche conseguenze che ha arrecato ai docenti e alle famiglie degli studenti.
I correttivi
C’è necessità di un risolutivo cambio di marcia che scongiuri il peggioramento ulteriore di una situazione già emergenziale. In questo senso c’è bisogno anche di un cambiamento culturale, che parta dalla politica e che si inserisca in una nuova visione di investimento, che non consideri le risorse per l’istruzione come una mera spesa improduttiva. È questo il primo importante passaggio da compiere, riprendendo in mano le leve fiscali che regolano la spesa pubblica. È scientificamente dimostrato che aumentare la spesa per investimenti produca consistenti aumenti di ricchezza, che a loro volta genereranno ulteriori risorse da impiegare per aumentare gli stipendi, formare i docenti e ridurre il precariato. È un circolo vizioso anche questo, dove il Ministero dell’Economia e Finanze deve intervenire, per metterlo in moto, con priorità assoluta rispetto a tutti gli altri settori economici.