Donne, impegno, grinta e orgoglio, nel tempio più…antico

 

Stéphanie, Manuela, Michelle, quelle tre che hanno spalancato alle DONNE il cancello della Storia dello Sport

Tra le prime, a metterci faccia e contenuti, in TV, parla Marina Sbardella, per 25 anni carismatica dirigente del Calcio Femminile nel mondo

 

La notte di Istanbul ha aperto, spalancato, un cancello simile a quello dei film di fantascienza. Una porta e una strada dalle quali non si tornerà più indietro. Tre donne ufficiali di gara per la finale della Supercoppa europea, Liverpool-Chelsea, peraltro finita dopo 120’ di fatica, con la vittoria assegnata ai reds ai tiri di rigore, come li chiama il Regolamento Tecnico: Stéphanie Frappart, Manuela Nicolosi e Michele O’Neill.

Ne abbiamo parlato con chi ha rappresentato il Calcio Femminile in tutto il mondo per un quarto di secolo, Marina Sbardella, dirigente sportiva e giornalista professionista, che, negli Anni ’90, fu tra le prime ad apparire con una apprezzata preparazione e frequenza nel piccolo schermo (TeleMonteCarlo, oggi La 7), per parlare di football.

L’intervista – L’altra sera ci siamo esposti dichiarando di fare il tifo per la terna. Potrebbe essere un cancello degno della ribellione di Billie Jean King e Martina Navratilova sul trattamento economico differente per le donne rispetto agli uomini.

“Sì perché avevano dei compensi e dei montepremi più bassi. Non si può fare una differenza tra Tennis e Calcio, perché il maschilismo che c’è nel Calcio rasenta il ridicolo. Neanche col Tennis si può fare una differenza: c’è chi dice che vedere una partita di Calcio femminile è noioso, è l’unico sport che non può andare o non può avere la stessa risonanza. Non sono d’accordo ma tu sai che presso la FIFA e la UEFA mi sono battuta per 25 anni. Mi sono meravigliata ma non più di tanto perché sapevano che ce la potessero fare”.

La giornalista e dirigente sportiva parla di un curioso episodio: “Posso raccontare un aneddoto che non è tale ma un pezzo di storia. Facevo parte della Commissione Tecnica della FIFA, nel 2010, che fu fatta all’indomani del Mondiale in Sudafrica, in cui Blatter si decise di anticipare ciò che avrebbe fatto l’Inghilterra cioè proporre all’International Board la VAR. Eravamo due donne, io e una cinese e ognuna doveva portare delle proposte. La mia fu quella di parificare gli arbitraggi e il genere: voglio vedere il Collina della situazione arbitrare una finale di Calcio femminile, e una Barbara Steinhouse, allora molto in auge, arbitrare una finale maschile. Tutti zitti, naturalmente, da Cafu a Beckenbauer, a Savicevic, Albertini, c’era un sacco di gente”.

Beckenabuer si cappottò con tutta la sedia, quando hai detto questa cosa?

“Non lo so. No, tutti zitti. Busacca, il capo degli arbitri della FIFA, divenne viola. Fu interpellato il Dottor Jiri Dvorak, il capo dei Medici della FIFA, e fu richiesto a lui una possibilità. Lui disse che se avessero superato le prove fisiche perché no? Io dissi: per quale motivo non dovrebbero superare le prove fisiche. Quelle mentali non ci sono problemi. Le prove fisiche non rappresentano una partita di Calcio: lo possono fare anche gli uomini”.

Manuela Nicolosi a dicembre ci ha detto, a dicembre, che in Francia, a differenza dell’Italia, le prove atletiche sono uguali per uomini e donne, in Francia.

“Io Manuela la conosco benissimo perché la conobbi dopo i Mondiali Under 20 che facemmo in Giappone: deliziosa, romana di Montesacro, sposata con un lionese ed è diventata assistente arbitrale in Francia, sperava molto. Me la sono ritrovata in Canada e di questo sono stata molto contenta. Il problema di Manuela (e della O’Neill), fu che in Francia, non crescevano donne-arbitro. E finché c’è stato Blatter tendeva molto a usare la triade, le terne di identica nazione, nelle finali; ma questo sempre, e quindi lei aveva pochissime chance”.

Il racconto prende una piega di sana fierezza: “Meno male che si è ricreduto, perché, credetemi, Manuela la conosco bene e anche la O’Neill, la Frappart l’ho vista in Canada ma non la conosco: Manuela è bravissima, è eccezionale. Io la segnalai dal piccolo torneo di qualificazione in Macedonia al responsabile degli arbitri, e ci siamo date appuntamento al prossimo Mondiale, e l’ho ritrovata in Canada nel 2014 e poi nel mondiale maggiore nel 2015”.

Non hanno sbagliato nemmeno una chiamata.

“Mi sono fatta questa idea. Al di là della loro preparazione, che è ineccepibile, gli uomini riescono a essere più rispettosi. Tanto è che abbiamo visto fotografie, cose, la faccia di alcuni giocatori, ripresi in maniera vigorosa dalla Frappart, che sono rimasti basiti, senza parole, non hanno fatto la “caciarata” che avrebbero fatto con un altro arbitro magari rimediando un cartellino giallo o un rosso”.

C’è stato il difensore centrale del Chelsea, Azpilicueta, che ha preso il primo “giallo” a metà del secondo tempo, che ha provato, a buttarla in caciara ma è stato subito rimesso a posto…

“Credo che a quel punto ci sia stato un timore reverenziale nei confronti della donna. Presa questa decisione importante, storica, i giocatori non hanno proprio avuto la faccia di fingere, a parte che con la VAR c’è poca possibilità, di barare però l’autorità non è stata messa in discussione ma neanche per un secondo. Al punto tale che, guardando la partita, ci si è subito dimenticati del…problema, se vogliamo chiamarlo tale, o comunque della curiosità. Sono molto felice, di questa cosa. Mi fa piacere, sono molto felice, di questa cosa. Sono contenta che sia stato Rosetti, a portare avanti questa cosa, perché ne parlai con Roberto perché Massimo Busacca non aveva nessuna intenzione di portare avanti questo progetto”.

Perché Busacca, che faceva parte di una nouvelle vague di arbitri, era così medievale?

“Perché Busacca era succube di Blatter, prima ancora del presidente della federazione spagnola (Angel Maria Villar Llona, n.d.r.), che era vice-presidente UEFA, e che guidava gli arbitri ed ebbe qualche problema… Busacca era appena entrato al posto di questo personaggio. Mi fa specie di Blatter che ha avuto sempre grande acume, e ha sempre portato avanti il Calcio femminile, nel mondo”.

Una specifica situazione del suo rapporto con Blatter: “Ricordo che, in tempi non sospetti, in qualità di giornalista, lo intervistai. Tu sai che io cambiavo cappellino: quando dovevo fare il dirigente della FIFA, quando facevo la giornalista mi mettevo il cappellino e il tesserino da giornalista. Non ho mai mischiato i due ruoli. Gli dicevo: vengo a fare un’intervista, e facevo l’intervista. Domandai a Blatter: sarà più facile che una donna divenga presidente della FIFA o che una donna diriga una finale mondiale? Che una donna diriga una finale mondiale, tanto per stabilire il maschilismo che sul potere non c’era nessuna possibilità”, lo dice sorridendo. “Malgrado ciò non ha avuto il tempo o l’arguzia di ardire”.

E invece…

“Invece incontrai Rosetti subito dopo quella riunione, in Russia, poi andò a lavorare per la UEFA, fece il vice di Collina alla UEFA. E mi disse: “Io ci credo, in questa cosa e appena potrò la porterò avanti”, ed è andato avanti. E’ una cosa giusta. L’arbitro pensa, decide, e il problema di carattere fisico è superato, perché i test fisici, come ti ha detto la Nicolosi, sono pari. E Bojak non poté dire diversamente: perché no?

Detto con grande eleganza: noi vediamo in TV gli arbitri della Serie A britannica o lo stesso Garcia Aranda che non erano proprio degli smilzi…

“Certo, io poi sono figlia di arbitro, so bene il lavoro che va fatto. Papà si allenava tre volte a settimana, lui coi guardalinee avevano due ore di seduta più la domenica”.

Anche lì parliamo di un periodo in cui le terne erano fisse.

“Poi fu cambiato il regolamento e accadde esattamente il contrario, non poterono essere più fisse, per paura di pastette. E invece la FIFA, soprattutto nelle finali, tanti arbitri sono andati avanti perché avevano delle brave guardalinee o viceversa, tanti guardalinee sono andati avanti perché avevano un bravo arbitro. Sicuramente la Steinhouse è stata la pioniera, dirigendo in Bundesliga, che è stato il primo campionato ad accettare gli arbitri-donna, per non parlare delle qualificazioni Champions. Bellissima, altissima, però è un poliziotto, ha un carattere molto deciso, è difficile, metterla all’angolo”.

Anche la Frappart, che non è alta come Meneghin, si è fatta rispettare.

“Vedi, la Nicolosi è andata avanti e l’altra francese è rimasta indietro”.

Non so se Manuela potesse far strada da italiana.

“Su questo posso essere d’accordo anche se Cristina Cini non è stata messa da parte”.

Però c’erano molte più attese, nei suoi confronti.

“Ma non abbiamo avuto mai un arbitro. E’ il solito discorso della triade. Io le ho viste, sia la Nicolosi che la Cini con l’altra italiana, dirigere la semifinale, dei Mondiali femminili, ma mai la finale: perché nella finale ci potevano essere il trio ungherese, spagnolo, sudamericano, cioè volevano che si capissero bene, a gesti. Non c’era la VAR”.

Un’altra che è andata bene a livello internazionale, tra le italiane, è la Spinelli…

“Che si è tolta buone soddisfazioni. Io questa cosa la trovo oramai una cosa sdoganata. Bravissimo Rosetti, bravissimo il presidente della UEFA (Ceferin, n.d.r.), che ha avuto coraggio. Del resto le abbiamo viste nella finale femminile, e hanno dato il meglio di loro, e che vuoi di più? Questo a riprova che si possa correre per 90 minuti, senza morire, e senza essere ometti”, afferma prima di esternare la sua profonda soddisfazione con una risata. “E sono molto contenta, di essere stata la prima, ad aver fatto la proposta, anche se non venne accettata, la mia proposta, ma che fu fatta”.

La sera della finale: la più brava, bella ed elegante

Ti dico la verità, l’altra sera quando la O’Neill ha azzeccato la prima chiamata per pochi centimetri, davanti al televisore, eravamo con degli amici, io non ho parlato per tutta la partita, ho parlato solo alla fine perché ero convinto che mi puntassero il dito contro, ma ero sicuro della prestazione che avrebbero sciorinato.

“Guarda che Manuela è la più brava del mondo!”

Lo ha dimostrato una volta di più.

“Oltre a essere una ragazza deliziosa, lavora, è veramente carina. Si è mossa da sola dall’Italia, è un vanto per l’Italia”.

E’ un vanto, permettimelo, per il “Pianeta Femminile”.

“Anche per i ragazzi italiani, si è mossa da sola, andò in Francia, per un Erasmus, si innamorò lì a Lione, poi è rimasta. Una ragazza deliziosa, oltreché bella”.

Elegantissima, aggiungo, mi permetto, tanto sono convinto che se viene a Roma o vado io a Parigi, mi butta nel Tevere o nella Senna, mi ci butta, prima o poi…

“Perché?”, chiede sorridendo, questa fiera rappresentante delle Donne.

Perché io ho sempre detto che, oltre alle tante doti, umane, soprattutto, ne ha una che Voi, Donne, rappresentate in maniera meravigliosa: l’ELEGANZA, che non è una cosa che si comperi al supermercato o dal benzinaio.

“L’ho vista ragazzina, in Macedonia, che mi diceva Marì, era una qualificazione mondiale o per gli Europei, e mi diceva: tu che stai da 20 anni nella FIFA, poi sono diventati 25, magari…io più che fare la proposta non posso fare. Ma tu sei talmente brava che farai strada. Poi l’ho rivista a Londra per le qualificazioni ai Mondiali, in Montenegro, l’ho incontrata tantissime volte, in Europa, poi me la sono trovata ai Mondiali”.

Eh, ma tu davanti avevi un muro di cocciutaggine maschile e maschilista. Marina Sbardella insiste su quel determinato episodio: “Ma una cosa!? Avessi visto la faccia di Cafu, di Savicevic, di Albertini, di Busacca! Busacca era morto!”, dice, oggi, con una certa goliardia ma in misura seria.

Io immagino la faccia di Beckenbauer, non so perché… “Lui muto. Era il presidente, di quella commissione, fatta da Blatter, furbissimo, l’uomo più furbo del mondo…”.

Oddio, insomma vabbè, fino a un certo punto. “No, no, no! Non è stato mai condannato, di tutto quello che è successo. Alla fine della fiera sono tutte chiacchiere, e niente prove. C’è poco da discutere”.

Questo è vero, te ne devo dare atto.

Le donne in TV a parlare di Calcio: un passo agli Anni ’90 – Marina, sei stata la prima a mettere la faccia, come giornalista sportiva, in TV. Anche lì è stato aperto una sorta di cancello che avrebbe cambiato un po’ la prospettiva di chi stava a casa a guardare la televisione sentendo parlare di Calcio.

“Sì, però è stata molto inflazionata perché sono arrivate le vallette”.

Eh ma è diverso, rispetto a una giornalista, anche se oggi si mischia, la cosa…

“Per far capire la differenza c’è voluto un po’ di tempo. Diciamo che noi giornaliste abbiamo dovuto tenere un low profile, più basso, per far capire quale era la differenza. Con tutto il bene che voglio ad Alba Parietti, a un certo punto eravamo tutte giornaliste sportive. E ci siamo ribellate, io, la Vanali, altre”.

Per fortuna anche recentemente, alla Domenica Sportiva c’è stata una ribellione di colleghi e colleghe RAI. Marina Sbardella conclude il ragionamento legato al settore dell’informazione, dall’ottica delle Donne: “Io mi sono resa conto in Commissione d’Esame giornalistica, lo Sport, sembra una stupidaggine, è una disciplina così complessa, che tante persone che si presentano, uomini e donne che siano, come giornalisti sportivi, facendo un tema su Fognini, una tesina sul Calcio femminile, ti viene normale interrogarli sull’ordinamento giuridico italiano o mondiale dello Sport. E non facevano la differenza tra la Lega e la Federazione, o le federazioni internazionali, il CIO, il CONI. Pare che esista solo la FIFA, niente, zero. O lo fai come mestiere o non ci puoi capitare, non è una cosa facile”.

Il 14 agosto dell’Anno del Signore 2019 resterà una pietra miliare, nella storia della presenza delle DONNE, nello Sport. Il tempio non è più monocorde. Ne prendano atto anche quelli rimasti in altri decenni e secoli.