Nord-Sud, il divario aumenta. Svimez: “Serve intervento politico”. Luca Bianchi, presidente Svimez: “Giovani via dal Sud in cerca di lavoro”.
“Dalla seconda metà del 2018 è sempre più ampia la differenza dell’andamento economico Nord-Sud, con un tendenziale aumento del divario, soprattutto in termini di occupazione”. Questa l’anticipazione fatta da Luca Bianchi, direttore dello Svimez, all’agenzia Dire, circa “i primi dati di stima dell’andamento economico 2018 e le previsioni 2019-2020, che saranno contenute nel rapporto Svimez presentato a novembre prossimo. Chiaramente questi dati “rilanciano ancora una volta- ribadisce Bianchi- la necessità di una politica per il Sud”.
Servizi, ricerca, attenzione e studio approfondito del Mezzogiorno, con un occhio di riguardo al frenare la fuga dei giovani, altro punto importante da cui lo Svimez intende ripartire: “Nel periodo più recente, infatti, la scelta preliminare dei giovani, soprattutto se laureati e scolarizzati, è stata quella di andare via dal Sud per cercare lavoro. Così si perde un pezzo di futuro. Nata nell’immediato dopoguerra, infatti, l’associazione per lo sviluppo industriale del Mezzogiorno (Svimez) si propone- illustra Bianchi- di osservare e studiare la situazione del Sud non soltanto descrivendo le dinamiche di carattere economico ma anche quelle sociali, che peraltro sono molto correlate”.
Il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, negli ultimi giorni ha aggiunto il suo punto di vista sul fenomeno di dispersione di talenti: “Stiamo disperdendo talenti ma anche risorse”, basti pensare che “la fuga di cervelli all’estero che sta conoscendo l’Italia ci fa perdere circa 14 miliardi all’anno poco meno dell’1% del Pil”.
La Flc, da par suo, rileva che “dal 2010 ad oggi solo il 9% di coloro i quali hanno intrapreso il percorso lavorativo accademico hanno avuto la possibilità di essere assunti a tempo indeterminato. Il restante 91% è emigrato all’estero e oggi occupa posizioni di rilievo che portano valore aggiunto all’apparato produttivo e ai saperi dei Paesi che hanno dato loro un’opportunità. Una parte di loro, minima, ha ripiegato in altri settori della pubblica amministrazione o del privato ed altri, troppi, sono ancora alla ricerca di un lavoro stabile, anche ad un’età tutt’altro che giovane”.
“I cervelli italiani sono immersi in un coacervo di regole concorsuali spesso gestite in maniera feudale – prosegue la Flc – oppure ristrette a pochissimi numeri poiché lo Stato non garantisce adeguate risorse. Eppure da anni dottorandi, assegnisti, borsisti, collaboratori, ricercatori a tempo determinato contribuiscono con le loro ricerche a punte di avanzamento dei processi culturali e a scoperte innovative in tutti i campi, dalla chimica all’area medica. Si confrontano costantemente in missioni all’estero con i colleghi d’Europa e del mondo e raffrontano tristemente lo stato di riconoscimento professionale che i paesi d’appartenenza riservano loro”.