Lauree 30 e frode: ecco il libro vademecum che mette in guardia dai titoli fasulli. L’opera è stata scritta a quattro mani da Luca Lantero e Chiara Finocchietti, direttore e vice direttore del Cimea.
Il mondo oscuro dei diplomifici e le pratiche tutt’altro che virtuose che conducono al conseguimento di una laurea più che facile, fasulla. E’ questo il tema principale affrontato nel libro-vademecum “Lauree 30 e frode”, un testo dettagliato e circostanziato scritto a quattro mani dal direttore e dal vice direttore del Cimea, Luca Lantero e Chiara Finocchietti. Sullo sfondo un mercato criminale che si adatta, di volta in volta, alle esigenze della richiesta, modulando diversamente e abilmente le peculiarità dell’offerta.
Le regole del mercato, infatti, non conoscono eccezioni, per cui anche in questo ambito all’offerta di titoli fasulli corrisponde una domanda di scorciatoie che giunge da vari strati sociali. Ed il volume “Lauree 30 e frode” scandaglia proprio i diversi profili di “acquirenti”: c’è chi ha fretta di fare carriera negli enti pubblici e nelle aziende e cerca la via breve per ottenere un titolo accademico, ma ci sono anche i “cacciatori di titoli” per pura vanità e narcisismo.
“E’ proprio per tale ragione – dichiara Lantero – che accanto alla deterrenza normativa serve anche un approccio culturale diverso. Al di là delle gravi ripercussioni economiche che questo business parallelo comporta, configurando giri d’affari milionari oltre che pesanti casi di evasione fiscale, c’è infatti un aspetto etico da non trascurare. Bisognerebbe tenere sempre a mente che nel caso di professioni sensibili rispetto a diritti fondamentali come la sicurezza o la salute, un titolo conseguito senza un percorso di studio e formazione autentici può rappresentare una minaccia per la vita delle persone e per l’intera collettività”.
“L’internazionalizzazione della formazione superiore e l’innovazione tecnologica – sottolinea Finocchietti – se da un lato costituiscono una enorme opportunità per la conoscenza, dall’altro rappresentano anche l’humus ideale per il proliferare di pratiche opache, per quanto antichissime, dal momento che ve ne è traccia già nel Medioevo. È pur vero però che gli strumenti di contrasto e, quindi, di salvaguardia degli standard di qualità del processo formativo ci sono e sono efficaci. In Italia le leggi e gli interventi dell’AGCM per pubblicità ingannevole o per pratiche di marketing scorrette i loro frutti li hanno dati e continuano a darli. Ma per arrestare il fenomeno occorre anche un cambio di mentalità”.
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