Peterson il pensiero e il verbo: “Non fare una cosa stupida è come fare una cosa intelligente”!
Il popolare Coach e comunicatore TV è intervenuto a “Sport Academy Week-end”. Con umiltà, allegria, capacità di dare un senso alle cose, esprimere saggezza e stima verso un illustre avversario di sempre…
Dan Peterson lo stratega, il tecnico che ha riportato lo scudetto a Bologna, sponda Virtus, nel 1976; la Coppa dei Campioni a Milano, nel 1987. E, in particolare, nella comunicazione, il genio che ha avuto la lungimiranza di portare, nelle case degli italiani, lo Sport a stelle e strisce, con il Basket della lega professionistica più invidiata al mondo, l’N.B.A., e il Wrestling.
Coach Peterson è intervenuto a Sport Academy Week-end, per parlare della sua recente fatica letteraria, che tanti consensi ha riscosso in giro per l’Italia.
“Non fare una cosa stupida è come fare una cosa intelligente”. Da quale idea è nato il suo libro?
“Amici Sportivi, buongiorno”, il suo consueto saluto con il quale ha aperto le telecronache da sempre”. Uno dei grandissimi protagonisti degli Anni ’70 e degli Anni ’80 va nel dettaglio, e dice: “Una serie di aneddoti sulla mia vita. Persone che mi hanno influenzato, i genitori, gli allenatori, gli insegnanti, giocatori, in Cile, in Europa, in America”.
Peterson sulla scelta del libro afferma, con allegria: “Il titolo dicono sia stata una mia frase pronunciata in qualche occasione. Non me lo ricordo francamente! Ho detto tante cose, è probabile. Mi tengo la clausola di non esserne al 100% sicuro”, afferma ridendo.
Ne ha messe tante in fila, di cose intelligenti. Non solo come allenatore, anche come comunicatore.
Coach Peterson, con grande e ammirevole umiltà, spiega: “Ho fatto anche degli errori, qualche cosa stupida. Ho cercato di semplificare le cose, come comunicatore, nello stesso modo di come facevo l’allenatore. Non complicare la vita a me, ai giocatori, ai miei collaboratori. Per semplificare e imparare dagli errori”.
Sono previste presentazioni, in giro per l’Italia?
“Sono già stato a Cervia, qui a Milano, alla Feltrinelli. Poi vado in Sicilia e Sardegna, nei vari camp, cerchiamo di divulgare il libro, l’editore e tutto il resto. Scrivere un libro non è solo consegnare un manoscritto, è un lavoro, dalla casa editrice, all’autore”.
Abbiamo visto la presentazione alla Feltrinelli, con Bonfanti di 7Gold, in cui lei evidenziava la giungla del canale televisivo e della sua trasmissione, dicendo che era un domatore di leoni. Quindi segue anche il calcio…
“Questo non è vero! Però il Calcio in Italia è dappertutto, e sono qui dal 1973. Alcuni principi dello Sport sono uguali, tra Calcio e Basket. La Federazione di Pallavolo mi ingaggia per Coaching, per l’idea di gestire un gruppo”.
Ha una simpatia calcistica?
“Ho lavorato per Berlusconi e Galliani. Mi parlavano di possibilità per allenare, nel 1987 (l’anno della conquista, per la Tracer Philips Pallacanestro Olimpia, delle vittorie di scudetto, Coppa dei Campioni e Coppa Italia!, n.d.r.), poi hanno preso Arrigo Sacchi; e hanno fatto tombola! Sono contento per loro, vivo a Milano, se vanno bene le squadre milanesi sono felice”.
Sia lei che Sacchi avete riportato la Coppa Campioni a Milano, rispettivamente nei vostri sport, ma entrambi, dopo 20-21 anni: lei all’Olimpia, dal 1966 nel 1987, il collega del Calcio dal 1969 al 1989.
Peterson dice con stima, nei confronti del collega del Football: “Lui era all’avanguardia del Calcio, lo ha rivoluzionato, come metodi. Ha scritto anche lui un libro, infatti. I calciatori all’inizio non lo capivano, poi dopo hanno visto i risultati, correvano il doppio. Un precursore, del Calcio moderno”.
Per Bianchini il Calcio è lo sport più diffuso nel mondo, ma in tutto il mondo sarebbe più amata e praticata la Pallacanestro che noi amiamo…
“Lui è modesto con sé stesso, ha una mente incredibile. Velocità di pensiero che gli altri non hanno, un’idea per ogni cosa. Capacità analitica, questo è il problema, questa è la soluzione. Sa parlare con la stampa, i giornali”.
Lei invece ha portato l’America in Italia, quando ancora non la immaginavamo: un merito che va ricordato e non dimenticato.
“1980/1981 primo anno in una rete indipendente, poi Canale 5, Italia 1. Ora sono 20/25 anni, che non faccio più commenti”.
Recentemente è stato premiato nella Hall of fame della NCAA?
“No, nella NABS, associazione allenatori NCAA. Premio di grande prestigio! Arriverà perché quando ad aprile hanno fatto la cerimonia ero impegnato a combattere una broncopolmonite”.
Come tecnico lei ha fatto tantissimo, e non ci sorprende, tanta stima.
“Sono candidato alla Hall of Fame, non ancora iscritto. Però sono poche persone, che possono essere in questa lista. Se viene viene, sennò amen”.
Nella pallacanestro il rapporto umano delle persone è veramente così speciale?
“In questi tempi è più difficile. Milano in 9 anni, general manager Cappellari 9 anni, vice allenatore Casalini 9 anni, D’Antoni 9 anni e così via. Si poteva costruire qualcosa, adesso i giocatori vanno via dopo un anno, e stabilire un rapporto di fiducia diventa più difficile”.
Ancora scambia idee e pareri con queste persone. Mi sembra rilevante, sul piano delle relazioni…
Peterson dice con convinzione: “Per me è fondamentale. Nel 1983 allenavo una squadra ed un giocatore ancora oggi mi viene ancora a prendere a Chicago, all’aeroporto. Per me è una famiglia, li amo tutti”.
Peterson la persona spessa prima che il tecnico ispirato e saggio, nella gestione, riesce ancora adesso, a stupire, con un linguaggio e un modo di comunicare diretto. Una volta di più. Questa volta con un libro, che è una filosofia di vita.
Intervista raccolta dal radiocronista sportivo Giulio Dionisi